Alla fine del percorso saremo più malleabili ed accetteremo qualsiasi taglio retributivo In queste ore, la giustificata protesta dei lavoratori per i ripetuti, e sempre più gravi, ritardi nel pagamento delle retribuzioni sta assumendo i toni di uno psicodramma. Donne ed uomini da sempre convinti della solidità della propria posizione retributiva ed occupazionale sono stati scaraventati, a forza e rapidamente, in un clima da “fabbrica occupata” anni ’70. Per tutta una vita lavorativa quelle stesse persone erano state abituate a vivere una condizione di privilegiati del lavoro dipendente. Contratti generosi, tutela assoluta, benefit vari avevano consolidato, in ognuno di essi, la certezza granitica che mai niente avrebbe scalfito la loro privilegiata posizione. Certo, non tutti erano soddisfatti, ma in molti negli anni avevano conquistato il proprio “posto al sole”. Ora, ed in poche settimane, tutto pare stravolto. La realtà ha preso il sopravvento e sta manifestando tutto il suo doloroso potere di dissoluzione di quelle che oramai non paiono più certezze. Si stanno riversando nel quotidiano di ciascuno di noi dubbi, perplessità, paure. Sentire, stamattina, inveire, con slogan da stadio, nei confronti di Gennarino I normalissime colleghe aduse ad essere mimetizzate con l’ambiente, è stato un interessante momento di verifica di quanto la paura e la rabbia si stiano diffondendo anche tra noi.È vero San Paganino, come ebbi a scrivere, è un formidabile elemento unificatore. Lo stipendio, per molti, è non solo fonte di sostentamento economico, ma indubbio elemento identitario. Un lavoro poco gratificante, e privo di spinte emozionali, diventa tollerabile soltanto se giustificato dallo stipendio che a fine mese ci premia numismaticamente. Ma dietro quelle urla c’era altro, c’era a mio parere la paura della paura. Quella stessa paura che, invece, classe politica e sindacati tentano di promuovere prima, e cavalcare poi, per fare in modo che le difese e le resistenze dei lavoratori siano fiaccate in tempi brevi, consegnandoci deboli ed arrendevoli alle proposte di tagli retributivi che ci attendono di qui a breve. Infatti, a mio parere, le difficoltà attuali sono solo l’avanguardia di un più duro futuro prossimo. Paradossalmente, i problemi legati alla regolarità delle retribuzioni possono anche essere risolti a breve, ma non per questo saremo fuori dalla palude. Il prossimo passaggio sarà, gioco forza, la disdetta unilaterale da parte delle aziende degli accordi integrativi di secondo livello, meglio noti come accordi aziendali. Per meglio intenderci, integrità varie (di carica compresa), diarie forfettizzate, straordinario fisso e continuativo, ecc. ecc. Quando il clima di paura, che ora scatena la giusta protesta, avrà lentamente ed inesorabilmente pervaso i singoli lavoratori, sarà più facile trovare la strada spianata per farci ingoiare pillole amarissime. In qualche modo, la rabbia e la protesta di queste ore, sarà depotenziata con il beneplacito dei vertici sindacali e ci consegnerà inermi alle imposizioni aziendali. Come dovrebbe risultare chiaro a tutti, noi siamo nel pieno di una crisi strutturale del TPL. In Campania, poi, la crisi è ulteriormente acuita dallo stato da default della finanza regionale. La fusione non risolverà i problemi strutturali (come enfaticamente ed illusoriamente promesso dai vertici EAV). Le economie di scala possibili non potranno risolvere i problemi di fondo: il debito pregresso ed il fallimento del modello di business. L’unica soluzione che noi stessi lavoratori ci possiamo augurare è, allora, il fallimento pilotato. Una soluzione che, però, è invisa a sindacati e politici, in quanto le vittime sarebbero gli imprenditori e le banche che vantano crediti ingenti, formatisi a causa della incestuosa commistione fra gli attori del sistema. Casta Politica, Sindacati, Fornitori, Banche sono infatti affratellati da una comune logica e, probabilmente, da comuni interessi. Fallire significherebbe danneggiare non noi lavoratori – come vogliono farci credere – ma proprio gli attori del sistema. Da questa situazione si esce solo se si azzera tutto il passato e si parte con una nuova esperienza basata sull’azzeramento del debito pregresso e sul ridisegno del modello di business. Non sarà più possibile,infatti, nel mutato scenario economico internazionale, ripristinare il passato dei privilegi. Ma, forse, c’è ancora spazio per un futuro del Trasporto Pubblico, a patto che lo si immagini flessibile in termini organizzativi. Stamattina sui giornali, nelle pagine secondarie, c’è una notizia che vi invito a leggere. In sostanza, un gruppo di pendolari sorrentini si sono autonomamente consorziati per noleggiare cumulativamente un bus turistico che li conduca a
Napoli ogni giorno: costo unitario dell’abbonamento 75 euro pro capite, più economico del 25% rispetto all’abbonamento UNICO. Questo per dire che se non adeguiamo il modello di business, tarando meglio l’offerta ed i costi di produzione, siamo destinati nel medio periodo a sparire. Ed allora, il problema dello stipendio in ritardo sarà risolto definitivamente…
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli