Specchio dalle molteplici sfaccettature la realtà di casa Platania: Leopoldo, nisseno trapiantato a Roma, eterno mito di vita sociale e politica, si ritrova ad avere retaggi culturali e maschilisti che non gli fanno accettare le novità, le diversità dell’universo femminile che vuole emanciparsi. Allora accetta il gallismo di Enrico ma non concepisce che la nuora Elena sia oggetto d’attenzione degli uomini, ed in particolare dello scrittore Alessandro Bonivaglia (Max Malatesta). La notizia dell’attrazione verso le donne della povera Jana risulta in questo contesto una vera aberrazione del naturale corso della vita. Non c’è nessuna pietas per la compaesana che viene cacciata dalla rispettabile dimora senza alcuna remora. Il tema dell’omosessualità femminile alla base dell’opera si intreccia strettamente con il concetto di moralità.
Non a caso Anna Proclemer definì “La governante” «la commedia più morale del teatro moderno». Brancati d’altra parte è sempre stato autore di rottura sia nelle sue opere letterarie sia in quelle teatrali, esponente di punta della corrente neorealista del secondo dopoguerra ed estimatore di Freud e Jung. Il motivo scatenante della stretta censura è legato al personaggio di Bonivaglia le cui parole evidenziano il pensiero dello scrittore che denuncia le ipocrisie del ceto medio di quegli anni. L’interpretazione di Malatesta cattura vivamente l’attenzione dello spettatore, perfetta in ogni particolare: la gestualità, i respiri, le pause. In questa mise en scène per citare il regista si crea uno spartiacque, ma non come afferma Scaparro tra attori “siciliani” ed attori “italiani”; io preferisco distinguere tra attori che sanno trasmettere con patos le tribolazioni dei propri personaggi nelle più piccole sfaccettature (e quindi nel porgersi al pubblico convincono fermamente lo spettatore) e attori che non riescono a dare nulla ad un testo già articolato come questo.
Il divario è netto. La protagonista Di Rauso purtroppo non risulta convincente nel vestire i panni di Caterina, la sua recitazione appare già dal primo atto confusa, come se non si fossero messe a fuoco le caratteristiche del personaggio. La governante è una donna che si sente inadeguata alla vita che vive, dilaniata tra le apparenze e la sua vera indole sentita come una colpa da espiare: combattuta tra la realtà che la circonda e il richiamo ad una sessualità che vuole essere praticata. La sua recitazione è più adatta ad un personaggio autoritario e sfrenato eroticamente dal punto di vista canonico, per non parlare del suo accento francese che quando si percepisce ricorda più una badante rumena che una colta donna francese degli anni ‘50. E neanche la presenza di un grande attore come Pattavina è riuscito a risollevare le sorti delle scene clou dello spettacolo che proprio per questo deficit risulta frammentario. Per non parlare dei meravigliosi costumi di un grande nome come quello di Santuzza Calì che non hanno contribuito affatto a valorizzare questo specifico personaggio, risultando invece su gli altri perfettamente calzanti in ogni minimo dettaglio.
Straordinario il cammeo di Marcello Perracchio nei panni del portinaio del barone Dinari. La Gentili è un vero portento, il ruolo di Elena non è per niente semplice, una donna che vive il suo fascino come una merce per gli uomini e alla quale mancano le attenzioni del marito abituato ad una bellezza più rozza e semplice. Ingenua ma allo stesso tempo affascinante, costretta a convivere con i continui attacchi di nevrosi che la distolgono completamente dal ruolo di madre. Anche il ruolo di Jana, protagonista emblematica, calunniata da Caterina, viene interpretato in maniera troppo arcaica: siamo d’accordo che la ragazza è legata all’entroterra siciliano ma francamente sul palco l’attrice risulta scimmiottare il suo personaggio. La scelta di riportare a distanza di dieci anni un’opera come questa sulla scena non è per niente azzardata, anzi è perfettamente calzante alla realtà che ci circonda dove in molti casi l’accettazione dell’altro e in primis di se stessi risulta difficile e scoraggia uomini e donne di ogni età, sesso, religione ed etnia.
Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Stabile di Catania – Fotografie di Antonio Parrinello
La governante
di Vitaliano Brancati
Regia: Maurizio Scaparro – Scene e Costumi: Santuzza Calì – Musiche: Pippo Russo – Luci: Franco Buzzanca
con Pippo Pattavina, Giovanna Di Rauso, Max Malatesta, Marcello Perracchio, Giovanni Guardiano, Valeria Contadino, Veronica Gentili, Chiara Seminara
Produzione: Teatro Stabile di Catania
Catania, Teatro Verga, dal 13 gennaio al 3 febbraio 2012