Da giovane ha scritto un romanzo importante, premiato anche col Bancarella, ma dopo quel successo, ha preferito immergersi nella mondanità e nella facilità che la sua posizione di critico e intellettuale gli ha regalato.
Ora, compiuti più di sessantanni, è arrivato a capire che non può più permettersi di fare cose di cui non ha più volta. E che forse – forse – è venuto il momento di mettersi alla ricerca di quella Grande Bellezza a cui ha sempre puntato ma che, per un motivo o per un altro, gli è sempre sfuggita di mano.
Paolo Sorrentino è il miglior regista che abbiamo in Italia adesso (assieme a Matteo Garrone). È bene che sia chiaro sin da subito. E se non siete d’accordo con quest’affermazione, mi spiace per voi: avete preso un abbaglio (e vi sfido ad indicarvi quali sarebbero, oggigiorno, i registi più bravi di questi due).
La Grande Bellezza è sicuramente il film più bello, profondo e intenso di Sorrentino.
Un film dove la bellezza vera, reale, monumentale di Roma – protagonista assoluta e indiscussa della pellicola – si scontra con la bellezza della bruttezza, dell’inutilità, della vacuità dei protagonisti della storia.
In tutti i suoi film Sorrentino ha sempre fatto un lavoro eccellente per quanto riguarda la psicologia dei personaggi, primari e secondari.
Mi viene in mente il ritratto del Divo, così cartoonescamente inquietante; per non parlare di Geremia de’ Geremei dell’Amico di Famiglia, probabilmente il personaggio più “horror” che mente umana possa mai immaginare – tanto pauroso quanto estremamente reale.
Uno dei personaggi cinematografici più inquietanti di sempre...
Ne “La grande bellezza” non c’è nulla di tutto questo.
La grande bellezza è quella che il nostro paese aveva, e ha perduto.
Un paese costituito ormai da persone da nulla, di gente che parla del nulla, si diverte col nulla, fa finta di importarsene di qualcosa – che in realtà si dimostra essere nulla.
Spesso, nel film, si cita il fatto che Flaubert avesse avuto l’intenzione di scrivere un romanzo sul nulla.
Ecco, Sorrentino fa quello che non è riuscito a Flaubert: dirige un capolavoro sul nulla.
Sul nulla artistico, sul nulla politico, sul nulla sociale, sul nulla intellettuale, sul nulla religioso, sul nulla tout court.
La bella vita...
I momenti poetici fanno da contraltare allo squallido ciarlare dei cvitici, dei radical chic che ricoprono le loro posizioni non per meriti acquisiti sul campo, bensì perché amici, compari, amanti, conoscenti di…
Spietatissima la critica al mondo della critica, ancora più pesante quella alla religione.
E Sorrentino, tutto questo, lo fa con una grazia, un’eleganza, una potenza (e una perizia cinematografica) degna dei più grandi registi. Ho letto spesso che il film in questione fosse troppo “Felliniano” o “Pasoliniano”. Io invece lo definisco perfettamente Sorrentino.
Le immagini, la qualità tecnica, l’estetica cinematografica è ai massimi livelli.
Tutto al servizio del “nulla”.
Nulla cosmico
È un film semplice nel messaggio che vuole mandare, ma complesso nel come lo manda (e lo mostra).
Il nulla, il futile, il superfluo è ciò che riempie la maggior parte delle nostre esistenze. Siamo circondati da un blablableggio di cose e persone inutili. Sono solo alcuni singoli momenti che elevano la nostra condizione di niente in condizione eccezionale. Momenti di grande bellezza che rendono le nostre vite degne di essere vissute.
Un grandissimo applauso a Sorrentino per questa (ennesima) perla.
Anche perché bisogna essere dei grandissimi registi per far recitare come si deve una come Sabrina Ferilli…