L’abilità di un grande stratega, prima che nella forza esibita, è nella debolezza nascosta. Nel sudore mimetizzato, nell’ostentazione gagliarda, nel fiato corto sapientemente mascherato col sorriso. Per questo è indubbia la valenza strategica che ieri ha avuto il ritrovo dei grillini: parlamentari che si spostano in tre diversi pullman verso un luogo segreto, giornalisti colti di sorpresa con conseguente suspense e, infine, saluto a tutti col sorriso. Un capolavoro. Grillo ieri ha realizzato un capolavoro: tutti hanno parlato di lui, e lui, confezionando quell’incontro, ha politicamente mostrato muscoli grossi così.
Sì, ma perché lo ha fatto? La premiata ditta Grillo&Casaleggio, diversamente da quel che si pensa, non conosce improvvisazione: tutto è studiato a tavolino, con cura estrema. La scampagnata all’agriturismo, in primo luogo, è dunque da leggersi – dicevamo poc’anzi – per quello che è stata: una spettacolare parata, una sfilata orgogliosa a dispetto di difficoltà che tuttavia esistono; un po’ come quelle militari della Corea del Nord, che minaccia la guerra ma non ha benzina per tenere accesi più di un giorno i propri 4.060 carri armati. Intendiamoci: il comico genovese, fatte le debite proporzioni e distinzioni, ha infinite cartucce più di quante ne abbia lo spavaldo Kim Jong-un. Però qualcosa, nella grande giostra grillina, ora scricchiola.
Lo si capisce dalla stessa, furbissima battuta di Grillo: «Inciucio Pd-Pdl? La gente prende i bastoni». Altro capolavoro: una finta minaccia. Perché l’eventuale governissimo Pd-Pdl è in realtà quello che Grillo si augura. Con tutto il cuore. Anzitutto per mantenere intatta e diversificata la propria identità politica contestatrice e rivoluzionaria, e poi – e qui veniamo al punto – per arrestare quella pericolosa emorragia parlamentare che si sta consumando in seno al suo Movimento. Infatti, se Pd e Pdl si alleassero a nessun grillino, evidentemente, converrebbe più “mettersi sul mercato”: primo perché non farebbe più gola ad alcuno, e secondo perché così facendo perderebbe ogni possibilità di permanenza e di eventuali ricandidature.
Quale emorragia parlamentare? Semplice: quella dei 9 eletti che sarebbero pronti già ora a votare la fiducia a Bersani e quella, ben più ampia, degli scontenti: 30 e i 40 parlamentari su 163 che sarebbero piuttosto innervositi. Diversi di questi, ieri, erano con Grillo. E si lamentavano – riferisce Huffington Post – del taglio di metà dell’indennità, ritenuto troppo oneroso. «Non vi ho mai detto quanto dovete prendere, trovatemi dove l’ho scritto», avrebbe risposto il capo per sviare il discorso e non far percepire quel controllo che in realtà continua, con grande efficacia anche se con qualche nuova difficoltà, ad esercitare sui suoi adepti. L’adunata “segreta” è stata quindi una sofisticata arma di distrazione di massa, utile fuori – per far vedere che M5S c’è, lotta e Grillo lo guida – e dentro, per calmare gli animi dei delusi.
Rimane ora la delicata partita del Quirinale: se dei grillini votassero col Pd per Grillo sarebbero dolori, nel senso che l’immagine del M5S subirebbe un forte scossone quanto a credibilità e compatezza, e non sarebbe neppure il primo. Una via d’uscita per il comico genovese potrebbe a questo essere – dato che il Pd non ne vuole sapere, pare, di ragionare col Pdl per il nuovo capo dello Stato – quella di far passare una candidatura quirinalizia di matrice sinistrese – pensiamo ad un Prodi, ad un Zagrebelsky o ad altri – come farina del suo sacco. Questo perché agli uomini di Bersani interessa prima di tutto che al Colle salga un loro uomo, mentre agli uomini di Grillo, e soprattutto a Grillo, preme che il nuovo Presidente appaia come una loro creatura. Sarebbe un colpaccio, per rilanciare la grande giostra grillina che ora, anche se ben nascoste, conta le prime crepe.