La grande monnezza

Creato il 26 febbraio 2014 da Media Inaf

Sono circa 700 i satelliti attivi attualmente in orbita attorno alla Terra. Sono utilizzati dalla telefonia, dai centri meteo per le previsioni meteorologiche, dai sistemi di localizzazione GPS, dalle connessioni TV, oltre ovviamente a quelli scientifici. NASA e Agenzia Spaziale Europea da anni stanno cercando nuove soluzioni per mandarli su altre orbite, o per riportare a terra i pezzi ancora in buono stato.

Conservare liberi gli slot orbitali per nuove missioni è cosa buona e giusta, soprattutto per ridurre rischi di collisioni e danni alle strumentazioni. Gli scontri avvenuti hanno già generato qualcosa come 17 mila frammenti (ma se contiamo quelli sotto i 10 centimetri la stima sale a 700 mila). Ogni scheggia, anche se misura appena qualche centimetro, può diventare un pericoloso proiettile.

L’orbita bassa attorno alla Terra (LEO) e quella geostazionaria sono sempre più intasate. Razzi, pezzi perduti da navicelle, frammenti e anche piccole particelle di vernice creati da collisioni ed esplosioni che costituiscono un pericolo anche per gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (i detriti orbitano attorno alla Terra fino a una velocità di 36.000 km all’ora e gli incidenti non sono stati pochi). A 400 chilometri sopra le nostre teste, gli uomini a bordo della ISS sono costretti a spostare la base spaziale su e giù per evitare gli impatti come in un arcade game degli anni Ottanta. Non si tratta di semplici carcasse di metallo a rischio di collisione, ma di vere e proprie bombe a orologeria: carburante residuo e batterie surriscaldate dalla luce solare rischiano di esplodere facilmente.

Come si fa a raccogliere “la grande monnezza” tecnologica in orbita attorno al Pianeta? Quel che non si può dire, è che manchi l’invettiva.

700 i satelliti attivi attualmente in orbita attorno alla Terra. Fanno funzionare il nostro telefonino, il navigatore, la TV e ci salvano da un acquazzone nel weekend.

2014 / La missione europea e.DeOrbit. ESA, per esempio sta lavorando alla missione e.DeOrbit. Progettato per individuare detriti in orbite trafficate tra gli 800 e i 1000 chilometri di altezza e.DeOrbit ha messo sotto studio parallelo diversi meccanismi di cattura per ridurre al minimo i rischi della missione. Si va da reti a espansione a tentacoli meccanici, da sistemi di arpionaggio a braccia robotiche.

Intanto è notizia recente che un nuovo prototipo di radar potrebbe aiutare l’Europa a migliorare il monitoraggio dei detriti spaziali. Il radar, installato nella regione di Madrid in Spagna, si basa su un sensore capace di aumentare la sicurezza dei satelliti europei in orbite basse e medie. Il test è stato eseguito su oggetti di circa un metro di dimensione. E anche se siamo a prestazioni decisamente inferiori di quanto necessario per un sistema pienamente operativo (la soglia sensibile è 10 centimetri) è un primo passo importante.

“Il radar sta mostrando ottime prestazioni ” ha affermato Gian Maria Pinna, Ground Segment Manager dell’ufficio programma SSA (Space Situational Awareness). “Anche senza una calibrazione completa del sistema, che richiederà diversi mesi, abbiamo potuto rilevare oggetti più piccoli e a una gamma più ampia del previsto”.

2014 / Made in Japan. Un gruppo di ricercatori dell’Agenzia spaziale giapponese (Jaxa) ha sviluppato una particolare rete magnetica formata da una serie di cavi sottili di alluminio e acciaio inossidabile. L’estremità di uno dei cavi, una volta agganciato a un detrito in orbita, genera una corrente elettrica indotta dal campo magnetico terrestre sufficiente a rallentarlo e trasferirlo verso orbite sempre più basse fino al rientro nell’atmosfera.

Il progetto verrà lanciato il prossimo 28 febbraio. Si tratta di un satellite con a bordo questa rete. L’obiettivo è estendere la rete fino a 300 metri e controllare il trasferimento di elettricità. Ma per l’aggancio vero e proprio occorrerà attendere le missioni successive.

2014 / STARE. Mini-satelliti terrestri per regolare il traffico nello spazio. La missione Space-Based Telescopes for Actionable Refinement of Ephemeris potrebbe ricalcolare le orbite dei satelliti e dei detriti spaziali a rischio con un margine di errore di meno di 100 metri.

Effettuare i calcoli non è facile a causa delle moltissime variabili da considerare. La resistenza atmosferica, per esempio, è una funzione della forma e della massa del satellite. Ma bisogna tener conto anche di densità e composizione dell’atmosfera. La precisione dei movimenti, in questi casi, è fondamentale altrimenti si rischia di far collidere l’oggetto con altri satelliti.

Per evitare questo tipo di errori lo Space Surveillance Network osserva ripetutamente circa 20.000 oggetti. Il margine di errore è di un chilometro. La missione STARE promette di abbassare di dieci volte il margine di errore.

2013 / Alice-2. Il piccolo satellite italiano Unisat-5 lanciato il 21 novembre scorso dal cosmodromo Dombarovsky di Yasny, nella regione di Orenburg in Russia, ospita il primo sistema anti space debris. Si chiama Alice-2 ed è frutto di una piccola società italiana concepita dal giovane ingegnere Luca Rossettini. Un sistema intelligente dotato di un propulsore che porta il satellite su una traiettoria di disintegrazione nell’atmosfera terrestre per fare poi ricadere la carcassa del satellite su zone desertiche, o nell’oceano, alla fine della sua vita spaziale.

2012 / Precisione svizzera. “Se ciascuno scopasse davanti alla sua porta, lo spazio sarebbe pulito”, aveva affermato Volker Gass, direttore dello Swiss Space Center in occasione del lancio del progetto CleanSpace One, nel febbraio 2012. Il progetto di un satellite netturbino che dovrebbe essere operativo dal 2016-2017 e dovrà agganciare il satellite svizzero Swiss Cube – un cubo di appena 10 cm che avanza a 28.000 chilometri orari – e portarlo con sé nell’atmosfera dove si disintegrerà senza lasciare tracce.

Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga