La Grande Pochezza

Creato il 07 maggio 2014 da Jonlooker @Jonlooker

Ah, il gusto del brutto. L’imperialismo della pochezza. Non è un’arte semplice, sapete. Servono smarrimento, incapacità, scarso amore per la propria nazione. Ma se si possiedono tutti questi doni insieme, o si diventa deputati o si gira uno spot per Rio Mare.

Kevin Costner si è trasferito ad Amalfi. Certo, non sarà molto logico, ma almeno è confortante, perché se non altro ciò ci garantisce che non sia impegnato in un terribile film d’amore in cui uno dei tue si ammala di brutto o naufraga con la barchetta.
La notizia è stata così ben celata che lo sanno tutti. E, naturalmente, provoca una crisi ormonale inguardabile fra tre tizie che non riescono a contenersi un alcun modo. Ed infatti, perché la pochezza imperi, ci vuole innanzitutto un totale abbandono della dignità. Queste tre andranno benissimo, ché le donne sono portate alle sceneggiate.

«Ragazzeee! Sapete chi abita al faro?»

Dice una con uno sguardo pericoloso.

«Potremmo dargli il benvenuto!»

Propone un’altra, con l’aria spiccia di una che queste cose abitualmente le fa.
E io penso che se fossero uomini e al faro ci fosse Scarlett Johansson, un dialogo del genere non sarebbe accettabile, non tanto per le parole in sé, quanto per i toni da assatanate e l’atteggiamento da malavitose. Ma sono donne, ah simpatiche donne col vestitello da casalinga sciatta, che male possono fare? Sono come i gattini che cercano di cavarti gli occhi: le tieni a bada facilmente, ma sono tanto tenere quando ci provano!
E loro, in effetti, si incamminano proprio con l’intenzione di provarci. E giungono al faro. Al faro! Che faro?, chiederete voi curiosissimi. In effetti uno spot che parla di Amalfi è una bella vetrina, quindi è interessante sapere di che meraviglie si pregia, senza contare che per la ripresa economica un po’ di turismo interno farebbe al caso nostro. Ehm, a questo proposito. Non c’è nessun faro. C’è la Torre Saracena che è bellissima. Però non è che siamo gente che ama il Paese, siamo quelli che vedono Christian De Sica pattinare sul ghiaccio in Cadore e sottintendere di essere in Val Gardena, non abbiamo lealtà verso noi stessi. Ma andiamo avanti che dobbiamo compiere la nostra attività preferita: compiacere gli americani.

Kevin, che stava tagliando in quattro un pomodoro, apre la porta senza chiedere chi è. E ha sul viso tanto illuminante che comincio davvero a sospettare che si tratti di Scarlett Johansson.
Dall’altra parte loro, le pazze, con un’enorme cesta di limoni. Ma che se ne deve fare di tutti questi limoni, saranno tre chili, volete tirarglieli per tramortirlo? Non ci vorrà molto, comunque, giacché Kevin appare abbastanza tramortito di suo. Non le ha mai incontrate prima, sono visibilmente agitate e sotto quella cesta ci sta un Kalashnikov comodo comodo, ma prego, entrate. Anzi, già che ci siamo:

«Mangiate con me?»

«Sììì»

esclamano loro in una scena inedita di Nymphomaniac.

Li ritroviamo a una tavola imbandita di desolazione, circondati da ciuffi di basilico, quattro grissini sparuti, pomodorini a grappolo, lattine di tonno, una pianta in vaso di ceramica (ma perché?!) e quella dannata cesta di limoni che impedisce il contatto visivo. Un pranzo di delizia, in cui Costner si atteggia a chef ma in realtà toglie il tonno dalla scatola e lo mette sull’insalata ed è finita lì.
Passiamo alle domande originali, su, che qui se no mi si alza il livello.

«Come mai in Italia?»

«Perché avete una grande cucina e un grande tonno.»

Il primo motivo per venire in Italia, annotiamocelo, è la cucina. Ed è vero, peraltro: tra un po’ non avremo neanche i monumenti, per come li trattiamo, ci rimangono giusto giusto il cibo e i diffusissimi mandolini.
Il secondo motivo è il mio preferito: il pinna gialla, un tonno dell’Atlantico, di qualità immensamente scarsa ma travestito da tonno pregiato, che spesso viene pescato con metodi che minacciano l’ecosistema marino. Soffermiamoci un momento a gustare la squisitezza dell’intera metafora con il nostro Paese.

«Ah, Rio Mare, così… buonissimo.»

Beh ma io mi inchino, che spot, che copione. Perché dire “che buono” come traduzione di “so good” pareva brutto, “buono” non è abbastanza, è così buono da sfasciare la grammatica! Nulla si potrebbe aggiungere per migliorare questa frase così perfettissima, forse solo un rutto.

Ed ora, un po’ di giochi di prestigio. Compare un vasetto colmo d’acqua al centro del tavolo e Kevin lo arricchisce con una rosa apparsa con altrettanto mistero. Mi aspettavo anche una mitragliata di carte francesi uscirgli dal polsino della camicia, peccato.
La portavoce del gruppo, anziché dire giustamente «Io me ne vado», esclama:

«Che tenero!»

ed era prevedibile, perché serviva disperatamente uno spazio per la gag del tonno così tenero che si taglia con un grissino e all’uopo lui brandisce appunto una stecca di pane di sessanta centimetri, che manda le signore in brodo di giuggiole finché la regia pietosa ci regala per l’ultima volta il panorama di un faro inesistente.



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