La grande Ravanata

Da Silvanascricci @silvanascricci

Fateci caso, esiste un nuovo contagio da cui, forse, vale la pena correre ai ripari.

Un po’ dappertutto, per strada, in moto, ai tavolini di un bar o di un ristorante è nata, da qualche tempo, una nuova categoria di persone che non stanno evidentemente bene e vengono prese da raptus tremendi.

Basta osservare.

Possono essere chiunque, babbi, nonne, signore, zii.

La malattia già identificata dagli esperti, si chiama: Grande Ravanata.

Funziona così: stai parlando con qualcuno, oppure stai guardando uno che cammina o è seduto accanto a te su una sedia, o è al semaforo su un motorino e vedi che, improvvisamente, costui ha uno scatto, un fremito e comincia a toccarsi.

Addosso, nella camicia, nel petto, nei pantaloni, davanti, dietro.

Lo fa in maniera convulsa, frenetica.

Si tasta il sedere, da una parte, dall’altra; il suo sguardo è sbarrato, il suo panico è evidente, le sue mani si muovono in maniera inconsulta, come in una crisi spastica, infilandosi nelle tasche delle camicie e dei pantaloni.

Intano, in lontananza, se tendi l’orecchio, avverti un motivetto, quasi sempre schiocchissimo, a volte il cocodè di una gallina, altre i topini di Cenerentola, a volte anche solo un brusio, un ronzio intermittente come una scarica elettrica soffocata.

La crisi può durare dai venti ai trenta secondi, ma si racconta di gente alla quale è durata di più ed è stata usata, alla fine, una camicia di forza.

Le mani, che toccano il corpo in quel modo convulso, vanno poi, nella seconda fase della crisi, a frugare dentro borse, indumenti appesi a una sedia, borselli.

E’ un movimento malato, ossessivo, come quello di un ladro che deve fare in fretta per trovare la refurtiva.

Non c’è distinzione tra uomini e donne.

Per la verità le donne si toccano meno freneticamente, il loro è quasi sempre un “ravanare” nella borsa (di qui il nome: grande ravanata) dalla quale proviene un tintinnio di chiavi, di carte; a volte fuoriescono pennelli, batufoli e matrioske di trousse.

Di solito la persona che sta accanto a chi ha la crisi si impressiona a vedere quegli scatti e chiede: “cosa c’è?”; la vittima di solito non risponde, ma prosegue come in trance agonistica il proprio tastarsi e frugare.

Poi alla fine estrae, da qualche  parte, il marchingegno fatidico, nella fattispecie un cellulare, preme un tasto in maniera scomposta, avvicina il telefono all’orecchio e quasi sempre un attimo dopo sbotta con esclamazioni classiche tipo: “eh se, buonanotte!”; oppure: “ma vaffanc…”.

Oppure, in lingua indigena: “mo va a fèr dal pugnàtt”. Sentita anche, a commento del fatto che dall’altra parte del telefono non ci fosse pià nessuno, l’esclamazione: “tò surèla”; cioè “tua sorella”, che è un’interiezioni usata già in passato e lanciata a livello internazionale da Materazzi nella finale mondiale 2006.

Un altro sintomo importante di quella crisi spastica è il commento-borbottio vocale che la persona in preda alla crisi spesso pronuncia.

E’ una serie di insulti a terzi, ingiurie pesantissime, nomi, offese: “cat vegna un azidant a te, to mèdar, to pèdar, to nòn…”, eccetera.

Il male è, praticamente, incurabile e ha alcuni risvolti ancora più tristi e tragici tipo quelle persone che, nonostante la soneria si sia messa in azione da cinque minuti, rimangono immobili, attoniti, basiti.

Il motivo è semplice: i figli gliel’avevano precedentemente cambiata e non la riconoscono.

Quindi la ignorano e il loro sguardo è catatonico.

C’è allora il pietoso amico o parente seduto accanto che dice: “oh, guarda che ti sta suonando il telefono!” e lì, allora, c’è lo scatto inconsulto, gli occhi si sbarrano nel terrore, i nervi si mettono in moto e parte, implacabile, la Grande Ravanata.

Gli esperti dicono che dalla grande ravanata non si guarisce; e che può solo peggiorare.

Si parla di calmanti speciali che sarebbero allo studio, ma ancora niente di concreto.

Bzzzzzzzzzzzz. Scusate un attimo…


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