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La grotta Grava – Palombara a Sava, sede di antichi culti e utilizzi. Un sito da valorizzare, preservare e interpretare

Creato il 18 settembre 2015 da Cultura Salentina

La grotta Grava – Palombara a Sava, sede di antichi culti e utilizzi. Un sito da valorizzare, preservare e interpretare

18 settembre 2015 di Redazione

di Gianfranco Mele

Grotta Grava

Grotta Grava – Palombara: ricostruzione su tela di Giuseppe Pichierri (1974) – immagine tratta da “Omaggio a Sava” di Gaetano Pichierri

La “Grava” è una contrada adiacente a Pasano e Camarda in agro di Sava. Spesso nella descrizione toponomastica è inglobata come facente parte dell’area di Pasano.

E’ difficile pensare che la grotta Palombara in contrada Grava non avesse alcun collegamento “funzionale” con il vicinissimo culto di Demetra testimoniato in Agliano, distante in linea d’aria all’incirca 2 km. Oltre alla relativa vicinanza, quello che ci fa accostare i due siti è la connessione storico-archeologica tra i viciniori casali e feudi di Agliano e Pasano, più volte evidenziata negli studi del Coco, del Pichierri e di altri storici locali.

Agliano è sede di importanti ritrovamenti risalenti all’epoca sia Magno-greca che romana, testimoniati da studi e scavi. I vari studi effettuati hanno individuato il sito come un luogo di culto dedicato a Demetra e Kore, e successivamente come fattoria romana (in seguito, medioevale). Antecedentemente al periodo della colonizzazione magno-greca, avvenuta intorno al IV sec. a.C., è testimoniata la presenza di insediamenti indigeni. L’area di Pasano è meno studiata, ma è ipotizzata la presenza di insediamenti connessi al periodo della colonizzazione magno-greca oltre che agli accertati insediamenti di epoca romana e a quelli precedenti, indigeni. Agliano, Pasano e Camarda, che si frappone fra le due suddette contrade, fanno inoltre parte dell’area attraversata dal cosiddetto Limes Bizantino. Le vicine contrade Panareo, Curti dell’Oro e altre, sembrano parte di un unico “polo” insediativo attraversato, probabilmente, precedentemente all’epoca della colonizzazione magno-greca, dall’insediamento di una colonia cretese.

Il tempietto dedicato a Demetra in Agliano sorgeva, secondo le ricostruzioni fornite dal Pichierri, nel “temenos”, il bosco sacro, che si estendeva appunto sino a Pasano.

Il culto demetriaco assegna una cruciale importanza alle grotte, che, non a caso, si ritrovano costantemente nelle aree sacre dedicate a Demetra (e questa è una costante che si ritrova in Eleusi come nei pressi del tempio di Locri e in quello della vicina Oria (monte Papalucio), sino ai vari santuari presenti in Sicilia. Le grotte, situate a poca distanza dal tempio, sono parte integrante e fondamentale del complesso cultuale: in esse si offrono sacrifici, si svolgono celebrazioni rituali e si rievoca il rapimento di Persefone (Kore) da parte di Ade. Si tratta di luoghi generalmente di tipo circolare, dall’ ampiezza atta a contenere una certa quantità di “fedeli” e officianti, in genere caratterizzate da una scalinata presso la quale si discende in esse, da un ampio lucernario, da sedili/dormitoi ricavati nella roccia, e spesso dalla presenza di un fonte al centro di esse. La grotta Grava ha insite tutte queste caratteristiche, e, ovviamente, non può non essere stata notata o non essere stata tenuta in debita considerazione dagli antichi abitanti dei luoghi come luogo elettivo e funzionale al culto.

Stranamente, negli studi degli storici locali ritroviamo deboli e fugaci accenni alla presenza di questa grotta nell’area Pasano-Agliano, e nessuna connessione con i culti perpetratisi in queste località. Il Coco accenna fugacemente alla presenza di cavità sotterranee nelle quali avrebbero potuto rifugiarsi i monaci basiliani (presenti proprio in Pasano), e alla conservazione dell’effigie bizantina della Madonna di Pasano in una non meglio localizzata “cisterna” presente nel sito, mentre il Pichierri conserva un dipinto della grotta Palombara poi pubblicato nella sua opera postuma “Omaggio a Sava” tra le varie illustrazioni a margine dell’opera, senza alcuna ulteriore spiegazione della struttura. Un accenno di poco più “consistente” lo compie il Caraccio, descrivendone tuttavia sommariamente le caratteristiche morfologiche e senza tentare alcuna interpretazione o connessione rispetto al possibile significato e utilizzo sacro della grotta stessa. Ne sminuisce anzi l’importanza, pur avendo il merito di essere l’unico a soffermarsi sulla descrizione del sito.

Fondamentalmente, la grotta è molto simile al ben più noto sito descritto come il Fonte Pliniano e situato nella vicina Manduria (notoriamente identificato anch’esso come sede di un culto legato al mondo ctonio e alle acque): lo ricorda sia per le dimensioni, che per la forma circolare, la presenza del lucernario, della scalinata d’accesso, dei “sedili” tutto intorno e della cavità centrale dalla quale emerge la sorgente. Come per il Fonte Pliniano, anche qui si è tramandata la leggenda del tesoro della “chioccia con i pulcini d’oro” che nelle memorie dell’oralità savese sarebbe nascosta in questo antro.

La grotta savese ha un diametro di circa mt. 16 e un’altezza di oltre 6 mt.: attraverso gli scalini di uno stretto e ripido corridoio, si accede nell’ipogeo dalle caratteristiche sopra descritte. Sugli scalini sono tracciate croci, segno di successiva cristianizzazione del luogo. Diversamente che per il Fonte Pliniano di Manduria, questo sito presenta ancora tutte le caratteristiche originali, persino nella vegetazione interna, vi si ritrovano difatti, oltre ad edere ed altre piante comunemente presenti in grotte ed ambienti umidi, begli esemplari di felce “Lingua di cervo” (Phyllitis scolopendrium), e di Capelvenere (Adiantum capillus-veneris) che nella mitologia è legata alle Ninfe delle acque.

L’auspicio è che questo suggestivo sito, del tutto trascurato ma per fortuna ancora, allo stato, integro nella sua bellezza e nel suo antico aspetto, venga fatto oggetto delle dovute attenzioni a livello storico, archeologico e paesaggistico, e venga pertanto valorizzato, studiato e preservato.

Il dipinto di Giuseppe Pichierri ci rivela che dal 1974 ad oggi il sito si è conservato nello stesso aspetto di 40 anni fa, che a sua volta deve essere molto somigliante all’originale. Un’opera di preservazione dovrebbe non intaccare nulla dell’assetto naturale e primordiale, avendo cura di lasciare intatta anche la vegetazione del luogo, la cui presenza era sacra agli antichi e parte integrante sia dell’aspetto estetico che del culto. L’Edera ad esempio è pianta sacra a Dioniso e la stessa Persefone ne appare adornata in alcune raffigurazioni, così come ne sono adornate le Ninfe e coloro che partecipano ai riti sacri. La grotta Grava-Palombara è caratterizzata anche dalla presenza del Caprifico (o fico selvatico), esattamente come nel Plutonion di Eleusi (la grotta di Ade e Persefone): albero sacro, fu donato da Demetra a tutto il genere umano.

Per approfondimenti e ulteriori particolari descrittivi, si può consultare l’articolo “La grotta Grava-Palombara in agro di Sava” al seguente link: http://www.academia.edu/15514289/La_grotta_Grava_-_Palombara_in_agro_di_Sava

Grotta Grava Palombara

Grotta Grava – Palombara: interno (foto S. Mangione, 2015)

BIBLIOGRAFIA

Barra Bagnasco, Marcella: Il culto delle acque in Magna Grecia dall’età arcaica alla romanizzazione: documenti archeologici e fonti letterarie, in: Archeologia dell’acqua in Basilicata, Consiglio Regionale della Basilicata, 1999;

Bianco, Salvatore: Il culto delle acque nella preistoria, in Archeologia dell’acqua in Basilicata, Potenza ,1999;

Caraccio, Giglio: Il sottosuolo ed il suolo savese, in: Sava, cronistoria della cittadina ionica per i suoi seicento anni, Schena Editore, Fasano, 1987;

Coco, Primaldo: I Goti i Longobardi e i Saraceni nel Tarentino, in “Cenni storici di Sava”, Stab. Tipografico Giurdignano, LE, 1915, ristampa a cura di Marzo Editore, 1984;

Hellenismo, XXXIV Flora sacra di Eleusi: il fico in Academia.edu, 2015;

Lippolis, Enzo: Mysteria: archeologia e culto del santuario di Demetra a Eleusi, Bruno Mondadori Ed., 2006;

Mastronuzzi, Giovanni: Il luogo di culto di Monte Papalucio ad Oria, Edipuglia, 2013;

Mele, Gianfranco: Le origini del culto della Madonna di Pasano e il miracolo del masso in “Academia.edu”, 2015;

Mele, Gianfranco: Sava (TA): Agliano magno-greca al confine con il territorio messapico, in “Academia.edu”, 2014;

Pichierri, Gaetano: I confini orientali della Taranto greco-romana, in: “Gaetano Pichierri, Omaggio a Sava”, a cura di V. Musardo Talò, Del Grifo Ed, Lecce, 1994;

Pichierri, Gaetano: Le origini del culto di Maria SS. di Pasano, notizie antiche e recenti, Rivista Diocesana, Oria, n.23, 1985;

Scarpello, Vincenzo: Il fonte pliniano di Manduria tra storia e leggenda in “Belpaeseweb”;


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