LA GUERRA CIVILE AMERICANA di GIANNI DUCHINI

Creato il 16 maggio 2013 da Conflittiestrategie

“La storia ci propone esempi di intere nazioni che sono state annientate perché non avevano compreso in tempo che dovevano assicurarsi l’indipendenza, economica e politica, attraverso la fondazione di una propria industria e la formazione di una potente classe di industriali e commercianti”(cfr. Federico List, Il Sistema Nazionale di Economia Politica, edizione Isedi 1972).

La nazione madre (l’Inghilterra) limitò molto le industrie delle colonie nordamericane in un modo talmente rigoroso che non veniva tollerata alcun genere industriale se non l’edilizia e le normali attività artigianali; tale monopolizzazione  fu una delle cause della rivoluzione americana (1776).

Durante le guerre della rivoluzione ebbero un notevole sviluppo fabbriche di ogni genere e nonostante le distruzioni della guerra aumentò il valore della terra e del salario degli operai. Con la costituzione degli Stati Uniti non fu possibile la costituzione di un sistema commerciale unitario e si avviò di conseguenza un nuovo ingresso ai prodotti inglesi; non riuscendo a controllare questa concorrenza, le giovane fabbriche americane, scomparirono più velocemente di quanto erano sorte.

Come effetto, tutti gli stati chiesero al congresso misure di protezione per l’industria interna e come conseguenza la prima tariffa americana (1789) ebbe benefici effetti sull’insieme del sistema industriale, ben presto annullati dalla scoperta di nuovi metodi di fabbricazione inglesi.

Il congresso americano aumentò a sua volta le tariffe doganali (1804) e riuscì a sopravvivere grazie, e soprattutto, alla provvidenziale  dichiarazione di guerra contro l’Inghilterra (1812), in conseguenza della quale le fabbriche americane, come ai tempi della guerra d’indipendenza, riuscirono non solo a soddisfare i bisogni del paese ma anche ad esportare. Costretto però da potenti interessi privati contrari a quelli degli industriali nel 1816 decise di diminuire notevolmente i dazi d’importazione che portarono nuovamente alla rovina le fabbriche americane. Solo nel 1828 si introdussero misure protettive nei confronti della concorrenza inglese che paralizzarono i suoi effetti.

Un destino inaspettato incrociò quello che andava maturando List con le aspettative dei promotori dell’industria locale della Pennsylvania (1827). Accadde che alcuni fabbricanti americani vennero duramente attaccati dai seguaci del “libero scambio” su una questione tariffaria. Interpellato dagli uomini più ragguardevoli dell’Unione, List sviluppò il suo sistema pubblicando su cinquanta quotidiani di provincia, editi dall’Associazione per il Progresso dell’Industria e distribuiti in migliaia di esemplari

La Guerra Civile Americana ebbe una portata storica e mondiale in quanto non fu un fatto solo americano ma la prima guerra “industriale” dell’età moderna i cui prodromi si allungarono tra i due conflitti europei dove naufragarono il mondo delle “nazioni”. (cfr. LA GUERRA CIVILE AMERICANA, di Raimondo Luraghi, ed.2013, Bur Rizzo)

Quello che determinò la rivoluzione industriale del nord fu la guerra  contro la Gran Bretagna che stimolò lo sviluppo manifatturiero diffuso prevalentemente nel Massachusetts nello stato di New York e della Pennsylvania.

La rivoluzione industriale del Nord favorì l’ascesa di intraprendenti imprenditori insieme agli operai salariati e con una crescita esponenziale del trasporto ferroviario che nel 1860  si estese per 50.000 km; la rivoluzione delle invenzioni coinvolse totalmente il nord, mettendo al palo l’intero Sud che rimase immobile vincolato alla sua arretrata forma di agricoltura e di lavoro coatto.

Un altro decisivo contributo per la nascente industria del Nord fu il crescente afflusso di immigrazione dall’Europa che assorbì un enorme massa di diseredati prodotta dalle gravi crisi dell’Europa. Ma la quantità stessa degli immigrati trascinò con sé un altro problema quello delle immense terre non ancora sfruttate dell’Ovest; e fu per questo che le masse popolari del Nord ed in particolare la “nuova agricoltura meccanizzata” del Medio Ovest vollero escludere gli eventuali emigranti del Sud con i loro schiavi. Questa era del resto la volontà del nuovo leader politico del Nord: Abraham Lincoln.

La vasta ed impetuosa immigrazione dall’Europa stava aumentando oltre misura la popolazione bianca del nord in rapporto a quella del Sud (18 milioni del Nord rispetto a 5 milioni di bianchi del Sud con circa 3,5 milioni di schiavi). Pressoché nessuno degli immigrati si dirigeva al Sud perché la via era sbarrata per la presenza della schiavitù. Così per lungo tempo gli stati meridionali avevano perso il proprio controllo alla Camera dei deputati, ma non al senato, dove conservavano un precario equilibrio.

Da ciò la pressione sudista perché le terre occidentali fossero aperte anche all’agricoltura a schiavi. Era l’unica via per riprendersi l’influenza politica, già avuta nel passato.

Il Sud si era reso conto che il sorgere nel Nord di un sistema industriale gli stava tagliando l’erba sotto i piedi. L’economia meridionale, dopo l’avvento in Inghilterra della rivoluzione industriale, aveva come unico sbocco il cotone, illudendosi che con il suo enorme smercio condizionasse l’economia inglese.

La protezione dei raccolti di cotone dalle intemperie era nelle mani di compagnie assicuratrici nordiste; la crescita e la collocazione del prodotto sui mercati erano finanziate mediante mutui da banche del Nord; tutto il processo di vendita, era nelle mani di compagnie finanziarie settentrionali. IL Sud rispetto al Nord era gravato da debiti per l’acquisto  di qualsiasi prodotto industriale.

Per converso in Europa l’Illuminismo e la Rivoluzione francese non erano passati invano; la gran parte dell’opinione pubblica occidentale considerava la schiavitù con ripugnanza da eliminare al più presto. Il governo ed il Parlamento britannico tra il 1838 ed il 1850 eliminò la schiavitù nelle colonie inglesi.

D’altronde la schiavitù nel Sud degli Stati Uniti era una “peculiare istituzione” su cui si reggeva la grande sovrastruttura di principi di vita e di etica di comportamenti; una “costruzione peculiare” basata su uno sfruttamento degli schiavi africani e capace tuttavia di influenzare profondamente la stessa civiltà sudista. Per più di mezzo secolo gli uomini del sud vissero in grande agiatezza e poterono appropriarsi di una raffinata cultura; la stessa Virginia  aveva dato i natali al Primo Presidente nella persona del grande George Washington.

Per ritornare al quesito del perché il Sud prese la decisione gravissima della secessione, nonostante Abramo Lincoln nella sua “piattaforma Elettorale” avesse offerto al Sud un Emendamento costituzionale che salvaguardasse la “peculiare istituzione (la schiavitù) , ma solo là dove essa già esisteva”. Era ovviamente una mossa strategica mirante ad offrire su un piatto d’argento l’abbandono del progetto strategico del Sud che voleva continuare ad essere il “cotoniere” degli inglesi.

Fu esattamente questa massa di cotonieri grandi, medi e piccoli che formarono la vera ondata emotiva e che travolse con sé quella parte moderata di aristocrazia che vedeva con una certa preoccupazione lo sprofondamento irreversibile in un conflitto armato; fu esattamente questa massa a formare il nerbo ferreo del Sud.

Del resto, nel tentativo di dare vita ad una Confederazione non si resero mai conto di quali forze del Nord andassero incontro. Nel Nord si era creata una autentica e reale “Rivoluzione Industriale” con nuove e moderne classi sociali costituito da imprenditori di tipo nuovo finora sconosciuto non appartenente alle vecchie classi borghesi inglesi che avevano la ferma aspirazione di trasformare gli Stati Uniti in un vasto mercato nazionale con una congerie di autonomie locali e di Stati a regimi sociali ed economici diversi; la “libertà di lavoro” del tutto incompatibile con l’esistenza del lavoro servile del Sud; in pratica la messa al bando di ogni forma di lavoro ”non libero”.

maggio ’13


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