La guerra dei Dazi tra Cina e UE

Creato il 14 giugno 2013 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Ci sono vicende che, senza le prime pagine o i servizi d’apertura dei telegiornali nazionali, fotografano molto accuratamente l’attualità in cui viviamo e gli equilibri geopolitico/economici.

Un caso esemplare racchiude in un colpo solo il bilanciamento geopolitico, la crisi dell’industria europea e la mancanza di reciprocità e regolazione del commercio globalizzato. Si tratta della battaglia che si sta combattendo da circa un anno tra l’UE e la Cina, a colpi di dazi e indagini su alcuni prodotti esportati. Il “casus belli” risale al novembre dell’anno scorso, quando la Eu Pro Sun, lobby di aziende europee che lavorano nel campo dell’energia solare, guidate dalla Solarworld, il più importante produttore tedesco (da solo rappresenta il 25% della produzione), ha denunciato alla Commissione Europea delle presunte agevolazioni nei confronti delle importazioni di pannelli solari cinesi. La Commissione, ha dichiarato di essere legalmente obbligata ad aprire un’inchiesta se riceve una denuncia motivata di un settore industriale dell’Ue, «che fornisca delle prove che un prodotto esportato da uno o più paesi benefici di agevolazioni a danno dell’industria europea». In realtà già da un paio di mesi, da settembre, Bruxelles si era impegnata con un’indagine antidumping sui prodotti cinesi, sempre nell’ambito del fotovoltaico, per verificare l’eventuale vendita in Europa a prezzi inferiori ai costi di produzione o comunque lesivi di una corretta concorrenza. All’inizio di giugno di quest’anno, la Commissione, tramite l’annuncio del commissario Ue al commercio Karel De Gucht, ha deciso di imporre dazi provvisori sui pannelli solari cinesi che partono dall’11,8%, dal 5 giugno sino al 6 agosto, da quella data in poi sono destinati ad aumentare fino al 47,6%. Come ha dichiarato lo stesso De Gucht, la decisione di imporre per i primi due mesi dazi dell’11,8% «è una finestra di opportunità di 60 giorni» per le imprese cinesi di pannelli solari per trovare una «soluzione amichevole» prima che questi salgano al 47,6%.

L’iniziativa ha una sua certa importanza per vari motivi. In primis ci sono i numeri che stanno dietro a questa fetta dell’economia. Nel 2011 il valore complessivo dei panelli solari e dei loro componenti importati dalla Cina dai Paesi dell’Unione ammontava a 21 miliardi di euro, all’incirca il 60% dell’export cinese. Non meno importante è la questione che riguarda, anche se solo settorialmente, il fabbisogno energetico e la trasformazione che è in atto nei vari Paesi occidentali. Le fonti di energie liberamente disponibili ed ovunque diffuse, come il solare o l’eolico, hanno spostato il baricentro dalle risorse naturali presenti nel territorio di un Paese, alle tecnologie più avanzate per catturare quest’energia e renderla più competitiva rispetti a quella delle fonti fossili. Il settore del fotovoltaico ha conosciuto negli ultimi cinque anni una crescita esponenziale, nel solo 2010 in Europa si è assistito ad un incremento di capacità produttiva di 13 GW, contro i soli 4 GW nel resto del mondo e in base a stime effettuate, si calcolano impianti per una potenza prodotta compresi tra i 130 e i 200 GW, entro il 2015. Leader mondiali nel settore rimangono però i Paesi asiatici con la Cina come vero e proprio gigante. In Europa è la Germania a detenere il primato assoluto sia per quanto riguarda la produzione industriale, sia per quanto riguarda la produzione energetica. I tedeschi sono già esportatori di pannelli fotovoltaici nell’area europea, ma al tempo stesso ne importano dalla Cina. L’applicazione dei dazi tenderà dunque a favorire l’industria tedesca, incrementandone il surplus commerciale e la sudditanza di paesi come l’Italia che, avendo promosso la diffusione dell’energia fotovoltaica ma non la nascita di un’industria, ha iniziato ad accumulare crescenti deficit commerciali nel settore.

La risposta cinese naturalmente non si è fatta attendere, il 5 giugno stesso Pechino ha aperto un’indagine anti-dumping nei confronti del vino importato dall’Ue, accusata di sovvenzionare le esportazioni verso il Paese asiatico.

Fonte: UE/Confagricoltura/Cia

Questa azione, che suona molto di rappresaglia, colpisce principalmente Francia, Italia e Spagna, maggiori produttori ed esportatori di vino in Cina. Secondo Bruxelles, nel 2012 il valore delle esportazioni Ue di vino verso la Cina è stato pari a 673 milioni di euro, l’8,6% del totale esportato. La Francia è il primo Paese esportatore con un fatturato di 546 milioni di euro. Seguono Spagna (89 milioni) e Italia (77 milioni). Non a caso dunque il primo ad agire e proporre un summit per risolvere la questione è stato il Presidente Hollande, mentre dal nostro Paese, anch’esso duramente colpito non si è alzata una voce dalle istituzioni.

La guerra dei dazi intorno al fotovoltaico ha nella ritorsione sul vino solo il suo ultimo passaggio. Nel maggio di quest’anno, l’Europa ha imposto dazi definitivi sulle stoviglie di ceramica cinesi e ha avviato un’inchiesta d’ufficio sui due colossi delle telefonia mobile Huawei e Zte. La Cina, in risposta, ha minacciato indagini sulle importazioni europee nel settore dell’acciaio e della chimica. Con un  export, solo nel 2012, dei prodotti UE verso la Cina di 144 miliardi di Euro, pari a circa la metà del flusso inverso, di 290 miliardi di euro, oltre alle dirette conseguenze per i singoli Paesi coinvolti, questa disputa avrà un enorme riflesso sull’economia attuale, sullo sviluppo industriale futuro e i posti di lavoro a questo legati di tutta la zona euro.

Naturalmente l’Europa affronta queste battaglie divisa e legata a interessi nazionali, come la Germania nel fotovoltaico e l’Italia nelle ceramiche e le piastrelle, la Gran Bretagna e i Paesi Scandinavi cercano invece di allentare la presa sulla telefonia e le telecomunicazioni per non perdere terreno in uno dei settori con maggior sviluppo futuro. Le difficoltà europee di fronte alla compattezza cinese non sono però un caso isolato e mettono in mostra tutta l’inadeguatezza della regolamentazione dell’economia globalizzata. Con la morsa della crisi che non tende a cessare, il mondo intero si sta attrezzando contro l’invasione di merci a basso costo provenienti dalla Cina, soltanto nel 2012, 21 nazioni hanno alzato gli scudi contro merci “Made in China” per un totale di 77 interventi. E nel 2013 22 casi solo nei primi tre mesi. Contro i prezzi stracciati del fotovoltaico cinese si sono già mossi anche gli Stati Uniti, che da ottobre 2012 hanno imposto un dazio del 34%.

Una partita globale insomma, da cui dipenderanno molti equilibri geopolitici e il futuro di settori come l’energia, le telecomunicazioni e le filiere industriali di questi settori. Una partita che l’Europa sta giocando divisa, come quelle squadre di calcio dove i campioni giocano per la propria gloria personale più che per la squadra, rischiando spesso di perdere.


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