Tempo di elezioni amministative in Italia, con l'attenzione dei media tutta rivolta ai duelli per l'elezione alla carica di sindaco nelle maggiori città interessate dalla consultazione elettorale.
Al contrario scende quella verso una guerra che continua a fare morti e macerie a due passi da casa nostra e nella quale siamo stati costretti a partecipare.
Sono ormai due mesi che in Libia si combatte e non si riesce a vedere la fine del conflitto, che doveva essere brevissimo, anche se in tanti si affannano a prevederne la conclusione nel giro di qualche mese ancora.
L'unica certezza, a questo punto, è che le valutazioni fatte da chi la guerra l'ha iniziata erano completamente errate.
Il primo sconfitto del conflitto libico è già evidente ed è il presidente francese Nicolas Sarkozy, che non solo ha fallito l'obiettivo militare e quello economico che ad esso doveva seguire, ma è riuscito a mettere in crisi anche i rapporti all'interno della comunità europea, almeno riguardo al principio della liberà circolazione delle persone all'interno della UE.
Il trattato di Schengen doveva essere un passo decisivo verso l'integrazione europea e sebbene non fosse stato al riparo di critiche verso certi effetti indesiderati prodotti (basti pensare all'esodo dei rom dall'Europa dell'Est), era sopravvissuto per ben 25 anni, fino all'arrivo dell'onda migratoria provocata dalla guerra libica, che ha fatto di nuovo saltare i controlli delle coste nord africane, così faticosamente e a caro prezzo messi in piedi con gli accordi tra Italia e Libia.
Ondata migratoria a sua volta sottovalutata da quanti hanno voluto l'intervento armato in Libia, pensando forse che sarebbe stata assorbita dalla sola Italia, il paese naturale approdo dei flussi dal nord Africa, non calcolando che la mancanza dei controlli alle frontiere avrebbe permesso ai migranti di raggiungere tutti gli altri Stati europei, soprattutto quelli più ricchi e con la presenza di grandi comunità allogene, fatalmente divenuti forti poli di attrazione per i nuovi immigrati.
Sono così iniziate le "sospensioni" dell'accordo di Schengen da parte prima della Francia, che bloccò le frontiere con l'Italia per motivi di emergenza (qualche centinaio di tunisini che cercavano di entrare in Francia da Ventimiglia furono considerati un'emergenzia, mentre le decine di migliaia arrivati a Lampedusa erano, secondo il commissario europeo Malmstrom, un evento facilmente governabile).
A seguire è stata la Danimarca a chiudere le proprie frontiere, spaventata dall'arrivo di nuovi immigrati dall'Africa.
Le ragioni alla base della decisione del governo danese sono semplici e facili da comprendere: i danesi, come anche i cittadini degli altri paesi scandinavi, non ne possono più di vedersi piazzare in casa persone che, come i numeri duri e crudi dimostrano, non solo non si integrano nei paesi che li accolgono, ma alzano in modo esponenziale il livello e la pericolosità della criminalità.
Il pericolo che l'arrivo di nuovi immigrati spostasse ancora di più gli elettori verso i partiti dell'estrema destra, in costante progresso da anni, ha pertanto costretto il governo ha prendere una decisione così decisa, nonostante le "preoccupazioni" espresse dalle autorità centrali europee, che forse cominciano a comprendere di come è facile disfare, in pochissimo tempo, quanto si è fatto, male, in tanti anni di integrazione europea.
Intanto che a Bruxelles cercano di trovare una soluzione all'evidente incongruenza delle poitiche nazionali e le norme comunitarie, a Lampedusa continuano ad arrivare barconi pieni di gente che non si sa dove mettere, tanto che perfino la Caritas ha ormai compreso che le migrazioni verso l'Europa sono ormai insostenibili e possono solo provocare un disastro sociale.
Rimangono i pasdaran dell'accoglienza a tutti i costi, come l'"esperto" del Messaggero Corrado Giustiniani, i cui editoriali, grazie anche all' uso creativo di statistiche e notizie d'archivio, sarebbero addirittura comici, come pure non pochi commentatori dei suoi scritti fanno notare, se non affrontassero un èroblema che rischia di divenire drammatico per le generazioni a venire.
La speranza è che la guerra dimenticata di Nicolas il Libico finisca presto e che venga di nuovo assicurato il controllo dei porti nord africani.
Che le forze ribelli riescano a rovesciare il colonnello Gheddafi con la forza è ormai una speranza che nessuno osa proferire.
I bombardamenti aerei della Nato neanche sembrano avere l'effetto di indebolire la forza militare del Rais, che pure pare essere un bersaglio imprendibile.
Una soluzione sarebbe quella di riuscire a convincere il colonnello a lasciare il potere, consentendogli un'uscita di scena onorevole, ammesso che un megalomane come lui possa mai accettarla.
L'altra è il bis dell'operazione che ha portato all'eliminazione di Osama. Extrema ratio della politica delle cannoniere marcata Nicolas.
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