La guerra e il Vuoto

Creato il 01 giugno 2014 da Ideaoccidente
La prevedibile vittoria dell’oligarca Porošenko (padrino dei figli dell’ex presidente “colorato” Juščenko ed ex presidente della Banca statale) sulla più nota oligarca Timošenko segna il passo e getta qualche luce sul prossimo corso degli eventi nel Paese. Porošenko, un candidato meno estremista dei suoi avversari politici e quindi più rappresentabile, anche come interlocutore rispetto a Pravij Sektor e terroristi vari, si è sempre dichiarato a favore dell’integrazione economica nell’Ue e dell’entrata dell’Ucraina nella Nato. In più ha affermato che la propria elezione stabilisce che la Crimea appartiene al territorio ucraino e che metterà fine alle ribellioni filorusse all’Est.   Puntualmente negli ultimi due giorni la guardia nazionale ucraina ha intensificato le operazioni nel Donbass (https://www.youtube.comwatchfeature=player_embedded&v=LCnog_euyBg ) e si è sostituita all’esercito, colpendo abitazioni e singoli civili ( https://www.youtube.com/watch?v=A2nlZlbbncQ ) : i morti e i feriti superano le decine, lo stesso presidente del Consiglio Supremo della Repubblica Popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha dichiarato che oltre cento persone sono state uccise negli attacchi seguiti alle elezioni del 25 Maggio.
A queste operazioni, Putin ha risposto applicando, sul piano macropolitico, un grande insegnamento taoista dell’arte militare: aprire un Vuoto, ovvero il “non far nulla”, ritirarsi dall’Azione, a stento commentando gli eventi, organizzando l’invio di aiuti umanitari per la popolazione della Novorossia. La “tattica del vuoto” corrisponde al momento della “dilatazione” in ambito di strategia militare – oltre a essere una trasposizione tattica della visione taoista dei due principi sempre alternantisi e autosuperantisi Yin e Yang – , ovvero realizza l’idea che una battaglia possa essere vinta sfruttando lo scagliarsi del nemico contro il vuoto, cioè lo spazio che gli viene di proposito aperto innanzi per attirarvelo dentro, per poi approfittare dello slancio del nemico stesso per rovesciarne il fronte. Evidentemente anche Putin in gioventù avrà letto l’Arte della guerra di Sun Tzu e i Trentasei Stratagemmi.
  Questo avviene su un piano che potremmo definire “epicentrico”, perché in profondità la guerra si fa e si combatte con asprezza ( giusto ieri è stato abbattuto un elicottero dell’esercito ucraino mandato a bombardare Slaviansk: https://www.youtube.com/watchv=OxfNqyA_YEo&app=desktop ). Il Vuoto, si diceva. Nonostante le premesse indichino in Porošenko il peggior interlocutore possibile per la Russia, già si vanno creando le condizioni perché Putin possa volgere a proprio vantaggio la questione ucraina. Mentre anche in Russia le opposizioni di Destra e Sinistra invitavano Putin a inviare le truppe e gridavano al tradimento, il Cremlino ha preferito attendere, immoto. Mentre l’ansia per l’elezione di Porošenko cresceva nello schieramento filorusso, il presidente della Federazione Russa ha addirittura riconosciuto l’esito delle votazioni e si è detto disposto a intavolare trattative col neo-eletto premier. Mentre gli scontri nell’Est aumentavano giorno dopo giorno, la Russia non ha lanciato proclami di sollevazione militare e interventistici. In due parole, al pieno ha corrisposto il vuoto. Queste semplici mosse hanno già minato la scena agli avversari della Russia in Europa e in Ucraina:- il mancato intervento russo impedisce all’Occidente di trovare il pretesto per accelerare l’ingresso formale di truppe NATO sul suolo ucraino nonché l’adesione di Kiev stessa al Patto Atlantico.
- il riconoscimento russo del governo Porošenko limita fortemente le opzioni della giunta di Kiev: si alternano annunci di guerra a profferte di pace, senza colloqui, praticamente un giorno sì e uno no, ma non esiste un’idea coerente sul da farsi.
- Porošenko si è già visto costretto a chiedere un rinvio a tempo indeterminato per la firma dell’Accordo di Associazione tra Ucraina e Unione Europea, citando le possibili restrizioni alle importazioni delle merci ucraine in Russia e la questione irrisolta dei 3,5 miliardi di dollari di debito del gas, sempre nei confronti di Mosca.
- il fronte interno si va sfaldando: Porošenko, non ottenendo lo sgombero della piazza, definisce gli Euromaidan provocatori, mentre le bande neonaziste di Pravij Sektor et alii non hanno ottenuto alcun riconoscimento politico e minacciano ritorsioni; nel frattempo in Galizia gruppi auto-organizzatisi di nazionalisti hanno chiesto l’annessione alla Polonia.
- la coalizione USA-UE non riesce a consolidarsi su obiettivi comuni, a causa della politica attendista di parte russa. Oltre a questo, la differenza storica di vedute tra Stati Uniti e alcuni partner europei, come la Germania, sul profilo da tenere nei confronti di Mosca, non può essere risolta senza che si affronti il tema cruciale degli approvvigionamenti energetici (la proposta americana dello shale gas è infattibile prima di 15-20 anni).

In questa fase che si fa più e più convulsa ogni giorno che passa, un intervento di Putin sarebbe completamente superfluo, ancor più che controproducente. I suoi avversari sono esitanti o in dichiarata difficoltà, mentre ad Astana la Russia ha firmato, quasi senza clamore, insieme alla Bielorussia e alla potenza centroasiatica del Kazakistan, l’atto di nascita dell’Unione Eurasiatica. La strategia del vuoto sembra funzionare, e la Russia rimane ancora un passo avanti.

Certo, tutte queste parole possono apparire ciniche se appena si pensa alle morti dei civili nell’Est. Ma deve essere così, si attende prima per muoversi avanti dopo. L’attesa di oggi può prevenire la morte dei migliaia domani. E non si dimentichi che la Russia non ha mai lasciato da soli i suoi sostenitori dell’Est, inviando oltre frontiera aiuti umanitari di primo soccorso e materiale vario, nonché, perché non dirlo, armi. Del resto, per quanto possa essere patetico ribadirlo dalla tastiera di un pc, la guerra è omicidio: puro e semplice omicidio e a volte strage di innocenti. Però un colpevole esiste, ed è quel sistema poliarchico di centri di potere che va sotto la dicitura epocale di “Occidente”.

Due alternative

E se Porošenko non allenta l’aggressione militare all’Est e, in un crescendo, decide di muovere addirittura sulla Crimea? Le conseguenze sarebbero gravi, ma la Russia non avrebbe altra scelta che impegnarsi direttamente nel conflitto inviando l’esercito (che, ricordiamolo, in Crimea conta già un contingente di oltre 25.000 soldati). Oppure potrebbe colpire per prima. In questa eventualità il vantaggio dell’azione militare però risiederà nella velocità d’esecuzione: se Putin muovesse le truppe ora, senza attendere un assalto alla Crimea, libererebbe l’Est filorusso e si garantirebbe le ricche zone industriali del Paese nello spazio di due settimane. Abbiamo però visto quanto siano chiari i rischi di un colpo di mano simile, per quanto eticamente legittimo e desiderabile: l’allargamento della crisi condurrebbe all’internazionalizzazione completa della stessa.
Viceversa, se non vi saranno recrudescenze, si potrà vedere come Putin manterrà tutti i vantaggi strategici e la sua posizione di forza come interlocutore diplomatico. Ed è il massimo auspicio possibile.

Federico Pastore


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