Anno: 2014Durata: 105'
La trama (con parole mie): siamo nel settembre dell'ottanta nel cuore dell'Andalusia, nel profondo Sud della Spagna ancora segnata dalle cicatrici del franchismo, quando i due detectives Juan e Pedro sono inviati sul posto per indagare sulla scomparsa di due sorelle adolescenti.Il primo è un poliziotto alla fine della carriera con numerose ombre nel suo passato, malato eppure dedito a godersi ogni istante; il secondo il più giovane e promettente investigatore di Madrid, in procinto di diventare padre e ligio alle regole seppur troppo zelante, tanto da essere stato punito con il trasferimento.Quando emergono i cadaveri delle due ragazze scomparse e viene a galla un legame misterioso con altri omicidi simili, i due investigatori dovranno superare le loro divergenze e mettersi sulle tracce di un pericoloso serial killer celato dai loschi traffici che paiono sfruttare i sogni delle giovani del luogo di abbandonare la provincia per cercare di costruirsi una vita altrove: riusciranno Juan e Pedro a risolvere il caso, mettere in pace le proprie coscienze e staccare un biglietto per il ritorno ad incarichi di primo piano?
Non ricordo quando esattamente nacque l'amore del sottoscritto per il crime: ricordo, però, che nel periodo dell'adolescenza e nel pieno del delirio di ego che fu quell'epoca, restai affascinato dalle figure dei più famosi serial killers della Storia, quasi avessero qualcosa di magico, o romantico, figure maledette eppure in grado di ispirare, a loro modo, chi avrebbe saputo vederli dalla giusta prospettiva.
Gli anni sono passati, ho abbandonato le vesti del supponente teenager che si credeva migliore degli altri solo perchè guardava tanti film e leggeva cose che i suoi coetanei non sapevano neppure cosa fossero, e sapeva mettere insieme frasi di senso compiuto, per imparare sulla pelle tutto il bello di una vita vissuta senza troppe pippe mentali, con la consapevolezza del fatto che il mondo continuerà ad avere molti più lati oscuri che non illuminati, ma che varrà sempre la pena di vivere.
La paternità, poi, ha fatto il resto, facendo vibrare corde che, con ogni probabilità, aspettavano solo di essere stuzzicate per poter liberare lati di me che, ai tempi, non consideravo neppure: quello che è certo è che, dopo tutti questi anni, continuo ad amare il crime, pur considerando i suddetti serial killers come qualcosa dalla quale proteggere con tutte le forze i miei figli, ed il loro futuro.
Un pensiero detto da predatore a proposito di predatori per eccellenza.
La isla minima, pellicola spagnola trionfatrice in patria ai Goya, probabile candidata all'Oscar per il miglior film straniero il prossimo febbraio, fotografa dall'interno e dall'esterno con grande forza proprio questa sensazione, questo monito, e lo fa raccontando ad un tempo uno dei drammi più terribili vissuti dai nostri cugini iberici nel passato recente, ovvero il segno lasciato dalla dittatura di Franco: nel corso degli ultimi mesi a proposito del lavoro di Alberto Rodriguez sono stati sprecati paragoni decisamente alti, dalla prima stagione di True Detective a cult come Se7en e Memories of murder, nonostante, di fatto, il risultato migliore di questo film - a prescindere dall'ottima ricostruzione del finire dell'estate andalusa dell'ottanta e da alcuni passaggi tecnicamente notevoli come lo splendido inseguimento tra le auto nella notte nel finale - sia, di fatto, quello prevalentemente politico, pronto a sottolineare i lati oscuri dell'Uomo e ad un tempo l'importanza del riscatto ed il valore di una nuova partenza.
La isla minima non è il filmone che in molti hanno incensato, per nulla.
Rodriguez è molto bravo dietro la macchina da presa, ma non altrettanto dietro quella da scrivere, che lo induce a prendersi il tempo per disporre in tutta calma i pezzi sulla scacchiera solo per farsi prendere troppo la mano in un finale decisamente frettoloso, quasi come se l'opera volesse diventare una serie ma avesse a disposizione solo il minutaggio di un lungometraggio: fortunatamente, però, i temi trattati toccano nel profondo, l'indagine, per quanto non così lontana da molti fatti di cronaca letti in numerose occasioni - purtroppo - sui quotidiani di tutto il mondo risulta avvincente, il rapporto tra i due protagonisti sfaccettato ed impreziosito da un commiato strepitoso, le cicatrici di uno dei grandi drammi europei del secolo scorso - la dittatura franchista - ben sottolineate, uno dei quesiti più inquietanti che si possano immaginare sotto gli occhi e la pelle dello spettatore, e non solo dei protagonisti.
Chi è il vero mostro? Il serial killer che smembra giovani pronte a fuggire da una realtà di violenze sessuali e ricatti? Chi è dietro le stesse violenze? Il silenzio che aleggia in una società inesorabilmente maschilista? La volontà di fare il bene per se stessi sfruttando quello per gli altri ed eventi tragici pur scrivendone la parola fine?
Il mostro è il serial killer delle giovani andaluse in cerca di un sogno o il Corvo, che zittiva gli oppositori del regime a colpi di pistola?
Forse entrambi, forse nessuno.
In una cosa La isla minima ricorda Se7en.
Il mondo è un bel posto, e vale la pena lottare per esso.
In questo caso, sono assolutamente d'accordo con la seconda parte.
MrFord
"From the first day I saw her I knew she was the one
she stared in my eyes and smiled
for her lips were the colour of the roses
that grew down the river, all bloody and wild
when he knocked on my door and entered the room
my trembling subsided in his sure embrace
he would be my first man, and with a careful hand
he wiped at the tears that ran down my face."Nick Cave and The Bad Seeds - "Where the wild roses grow" -