Se Brian Percival, già regista di Downton Abbey, decide di adattare l’omonimo libro di Markus Zusak, il risultato non può che essere un film che parla “alla testa” e che inevitabilmente finisce per commuovere lo spettatore nonostante la narrazione asciutta e lo stile a tratti un po’ lento.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la giovane Liesel si ritrova separata dalla madre, attivista politica, e data in adozione a Rosa ed Hans Hubermann. Sono entrambi brave persone nonostante Rosa nasconda il suo cuore buono sotto un comportamento scorbutico. In realtà è solo una donna spaventata dalla situazione storica ed economica in cui si trovano. Quando Liesel assiste per la prima volta ad un rogo di libri, non può fare a meno di portarne via uno, pur non sapendo leggere. Sarà Hans ad insegnarglielo, aprendole così un mondo nuovo. La famiglia si troverà poi ad ospitare Max, un ebreo in fuga figlio di un vecchio compagno d’armi di Hans. La sua presenza è ovviamente una difficoltà per la famiglia, ma per Liesel è la scoperta di nuovo mondo. Max le insegnerà ad esprimersi a modo suo, finendo per mettere le basi per farla diventare una scrittrice. Quando la situazione precipita lo spettatore finisce per essere profondamente coinvolto.
Geoffrey Rush è magistrale nel ruolo di Hans ed Emily Watson, candidata al Oscar, non è da meno. Sophié Nelisse interpreta benissimo una bambina ingenua ma coraggiosa che, benché non sappia leggere e probabilmente non possa sapere quanto sia grave il rogo dei libri, decide di salvare quelli che può. Probabilmente perché sente che quel rogo è sbagliato e basta. Il messaggio che passa è chiaro: i libri sono un importante veicolo di cultura ma avvicinano anche le persone (stupenda la scena in cui la bimba, scoperta a salvare i libri dal rogo, viene invitata a leggere quelli che preferisce da una splendida biblioteca) e, cosa molto importante, ci vuole molto coraggio per decidere di fare quello che è giusto e non quello che conviene.