La “LAUDATO SÌ” e la Bellezza. Coltivare e Custodire il Giardino del mondo.

Creato il 22 settembre 2015 da Rodolfopapa

La riflessione sull'ambiente è cara a papa Francesco; fin dall'inizio del suo Ministero ha invitato a essere "custodi dei doni di Dio" e fin da subito ha unito il concetto di custodia del creato a quello di tutela della sua bellezza: "La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l'intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d'Assisi" . Anche nella Enciclica Laudato Sì (24 maggio 2015) interamente dedicata alla custodia del creato, la bellezza ha un suo posto grazie alla prospettiva ampia e feconda della "ecologia integrale". In questa ecologia "integrale", la natura viene presentata come un insieme complesso e integrato che richiede un approccio conoscitivo e una cura complessi e integrati. L'Enciclica infatti ha una tessitura realmente interdisciplinare: il riconoscimento della verità della realtà naturale, nella sua complessa realtà oggettiva, è il primo passo per una autentica custodia del creato.

In questa prospettiva, da subito interviene la questione della bellezza che è propria della natura. La bellezza è presente nella natura in quanto Dio ne è autore: "Per questo [San Francesco] chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell'orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza" ( Laudato Sì, n. 12).

L'aggettivo "bella" è usato poche volte nell'Enciclica, in posizioni peculiarmente importanti. Il primo uso è "fondativo": innanzitutto "bella" è la terra come "madre": ""Laudato si', mi' Signore", cantava san Francesco d'Assisi.[...] la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia " (n.1). Un uso ulteriore dell'aggettivo "bella" è in senso critico: la terra diventa "meno ricca e bella" (n. 34) quando gli interventi umani sono solo al servizio della finanza e del consumismo. Dunque la gradualità della bellezza naturale può andare verso il peggioramento a causa degli uomini. Ma "belle" sono anche le opere dell'uomo: infatti, bella è definita anche una città che sa convivere con la natura: "Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree "sicure"" (n. 45).

La dinamica di questi tre passaggi traccia il percorso dell'Enciclica: la terra ci è donata "bella", interventi sconsiderati dell'uomo la rendono "meno bella", ma "bella" è la capacità umana di vivere la terra, di coltivarla, di costruirla ma con rispetto e cura: anche la città può e deve essere bella.

Il termine sostantivo "bellezza" ricorre molte volte, in diversi contesti, qui nel seguito elencati: "il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo" (n. 11); "la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà"; "Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore" ( Sap13,5) (n.12); "Dio, autore di tanta bellezza" (n. 12); "la grandezza, l'urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta" (n.15); "ci illudiamo di poter sostituire una bellezza irripetibile e non recuperabile con un'altra creata da noi" (n. 34); "In alcuni luoghi, rurali e urbani, la privatizzazione degli spazi ha reso difficile l'accesso dei cittadini a zone di particolare bellezza" (n. 45); "progetto di pace, bellezza e pienezza" (n. 53); "La fede ci permette di interpretare il significato e la bellezza misteriosa di ciò che accade" (n. 79); "Il Signore poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c'è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un'attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo" (n. 97); "il "salto" nell'ambito della bellezza. Si può negare la bellezza di un aereo, o di alcuni grattacieli? Vi sono preziose opere pittoriche e musicali ottenute mediante il ricorso ai nuovi strumenti tecnici. In tal modo, nel desiderio di bellezza dell'artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana" (n. 103); "un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica" (n. 119); "Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza" (n. 150); "Non esistono sistemi che annullino completamente l'apertura al bene, alla verità e alla bellezza" (n. 205); "Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico" (n. 215); "nella spiritualità dell'Oriente cristiano: "La bellezza, che in Oriente è uno dei nomi con cui più frequentemente si suole esprimere la divina armonia e il modello dell'umanità trasfigurata" (n. 235); "quando contempliamo con ammirazione l'universo nella sua grandezza e bellezza, dobbiamo lodare tutta la Trinità" (n. 238); "Maria [...] vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza. [...] Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza" (n. 241); "Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l'infinita bellezza di Dio" (n. 243). Infine "bellezza" ricorre due volte nella "Preghiera per la nostra terra": "affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza", "affinché seminiamo bellezza" e ancora una volta nella "Preghiera cristiana con il creato": "insegnaci a contemplarti nella bellezza dell'universo"

Il termine "bellezza" viene, dunque, usato in modo analogico, riferito a varie dimensioni: le cose naturali, gli oggetti della tecnica, l'agire umano, il linguaggio, il progetto di pace. Ma il primo modo di dire la bellezza è "la bellezza infinita di Dio", ogni altra bellezza viene da Dio che ne è l'Autore. La bellezza presente nella natura in quanto progetto di Dio, può essere anche proposta nelle opere dell'uomo -che siano arte, tecnologia, città- mediante "il salto nella bellezza".

L'uso del termine nelle preghiere finali dell'Enciclica raduna tutto il percorso: prima di tutto la bellezza è una realtà di cui prendersi cura, poi la bellezza è una realtà che gli uomini stessi possono seminare.

In questa cura e in questa semina consiste la "cultura della cura" (n.231) che viene insegnata dagli stessi testi biblici, che "invitano a "coltivare e custodire" il giardino del mondo (cfr. Gen 2,15). Mentre "coltivare" significa arare o lavorare un terreno, "custodire" vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare" (n. 67). L'uomo è "signore dell'universo" in quanto deve esserne "amministratore responsabile" (n. 116).

Ma soprattutto nella bellezza del creato si contempla Dio.

La casa comune, da custodire e coltivare, viene infatti presentata come una realtà complessa in cui tutto è in relazione, in cui proprio la complessità è segno di Dio: "L'insieme dell'universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio" (n. 86).

La bellezza inesauribile di Dio risplende nella bellezza del creato.