Sapevo che il mese di gennaio sarebbe stato un incubo, in quanto so benissimo che le questioni burocratiche, qui in Italia (e all'estero com'è?), non sono mai semplici. Manca sempre quel documento che ti cambia la vita, hai sempre dimenticato quella marca da bollo, devi sempre uccidere una cinquantina di faggi per stampare tutti i moduli. Ebbene io, per evitare un esaurimento prematuro, mi sono organizzata: ho stampato tutti i moduli e i bollettini e c'ho pure fatto le fotocopie, perchè quello che non fotocopi verrà automaticamente perso, inghiottito da un buco nero. Poi ho visto gli orari degli uffici e dei vari ricevimenti del pubblico e lì è venuto fuori il mio lato più manicale: ho organizzato un tour di due giorni tra uffici e sedi universitarie, tutto pensato minuto per minuto. Manco uno con disturbi ossessivi compulsivi poteva fare una roba del genere.
Lunedì è cominciato il mio pellegrinaggio, il mio personale Camino de Santiago. Mi mancava solo un cilicio e poi ero perfetta. Arrivo in stazione dei treni alle 7 e 30 del mattino, con un'attività cerebrale praticamente piatta e un sonno incredibile: do uno sguardo al tabellone ed eccola lì, la scritta che tutti i pendolari temono. SOPPRESSO. No, non è possibile. Passa solo un treno in questa stazione dimenticata da Dio e voi, uomini di Trenitalia, lo sopprimete, come se fosse un animale da macello. Che poi ho indagato e ho scoperto perchè ultimamente in Fvg cancellano corse senza pensarci troppo: praticamente Trenitalia ha installato un nuovo sistema informatico che allerta i capitreno quando sono richiamati in servizio (una specie di HAL 9000, il supercomputer di 2001: Odissea nello spazio) e, a quanto pare, questo sistema non chiama mai nessuno. Mah.
Vabbè lunedì mattina arrivo quindi a Trieste con un ritardo storico; corro verso la facoltà a far controllare sto portfolio europeo e poi giù in copisteria. Pranzo con mezzo litro di coca cola e mi dirigo verso gli uffici dell'università centrale. Dalle 14 e 45 alle 15 e 45 puoi ritirare il biglietto che ti fa accedere alla coda. Il problema è che in molti, per evitarsi lunghi tempi di attesa, si presentano lì una cosa come alle 9 del mattino per essere i primi a ricevere il biglietto. Ma perchè lo fate? Tanto poi, alla fine, arriva sempre il più furbo dei furbi e passa davanti a tutti, senza preoccuparsi di un linciaggio pubblico. E così è stato: un tizio, tra l'altro vestito da black bloc, è arrivato e se n'è sbattuto altamente. E in tutto questo è intervenuta la tipica tizia che sbarella subito, quella che c'è sempre in qualunque fila o sala d'attesa: “Ma com'è possibile?! La gente è davvero allucinante... E io devo prendere il treno, non posso stare tutto il pomeriggio qua!”. Ma perchè io, secondo te, ho l'impellente desiderio di passare il mio pomeriggio in un seminterrato a fare la coda per la segreteria studenti?
Dopo 11 ore in giro per il mondo sono finalmente tornata a casa. C'avevo pure una cena che, vuoi la stanchezza, vuoi un paio di bicchieri in più, si è tradotta in un mega mal di testa del giorno dopo.
Oggi, mercoledì 18 gennaio ho dovuto continuare il mio pellegrinaggio triestino: stamattina di nuovo in stazione, pronta e positiva, speranzosa che con questo secondo giorno di maratona si concluda il mio iter burocratico. Il treno c'era, ma alla stazione dopo si è fermato perchè “Sui binari tra Villa Vicentina e Pieris ci sono persone non appartenenti al personale di Trenitalia...”. 25 minuti di ritardo. Arrivo a Trieste, di nuovo fuori tempo massimo. Raggiungo il Centro Servizi della mia facoltà e finalmente arrivo nell'ufficio dove avrei, e ripeto AVREI, dovuto consegnare la mia tesi. Nessuno. Vuoto. Trovo una donna a cui chiedo “Mi scusi, il dottor Ellero...?”. Lei mi guarda come un alieno e mi dice “Ma è in ferie! Torna la prossima settimana”. Io contraccambio lo sguardo da alieno e dico “Ma mi scusi, in pieno periodo di prelaurea, con scadenze strettissime, la persona che raccoglie le tesi va in ferie?”. La donna esita e poi con tono secco mi risponde “Sì!”. Uno sguardo gelido ha concluso questo breve, ma intenso, colloquio. Insomma, io dovrò tornare per la fatidica consegna di sta maledetta tesi. E questo pomeriggio dovrei raggiungere quella che, fino a un'ora fa, sarebbe stata la mia ultima tappa burocratica. Ma d'altronde cosa mi aspetto, in fondo è già positivo il fatto che la donna del Centro Servizi non mi abbia detto quella frase che mi sa proprio di presa per i fondelli: “Ci scusiamo per il disagio”.
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