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La Lega a Bergamo come la prima di Sanremo: già visto

Creato il 11 aprile 2012 da Paz83
(Pier Marco Tacca, Getty Images)

fonte foto: Internazionale.it by Pier Marco Tacca, Getty Images

Ho sempre pensato che in un paese democratico partiti come la Lega non sarebbero dovuti esistere, semplicemente perché la società civile ne avrebbe ripudiato i contenuti e i “valori” non consentendo alle radici di attecchire. Invece, per paradosso, proprio perché nonostante tutto il nostro è un paese democratico un partito come quello del carroccio ha il suo spazio, talvolta anche oltre i limiti della decenza. In fondo anche la Francia della rivoluzione ha i suoi Le Pen.

Della parata Leghista in quel di Bergamo ieri sera, per celebrare l’orgoglio padano, è emerso solo il già sentito e di certo l’orgoglio in tutta la faccenda non dovrebbe trovare spazio, nemmeno alla lontana. La sensazione è stata un po’ la stessa che si prova mediamente ad ogni edizione di Sanremo dopo la prima serata: soliti protagonisti, solita musica, solita formula. Prima Maroni poi il caro leader Bossi (che a differenza dell’altro caro leader ha avuto decisamente più sfortuna nella successione di sangue) da un lato lasciano trapelare per qualche secondo un qualcosa che assomiglia ad uno scossone nel partito, poi tornano sui vecchi cavalli di battaglia: centralismo farabutto, Roma ladrona, terroni, secessione, Padania libera e via dicendo. La Lega libera dai ruoli istituzionali di governo, svincolata da Berlusconi da un lato procederà all’epurazione delle gambe zoppe che troppo nuocciono all’immagine del partito e dall’altro tornerà a lanciarsi, come era prevedibile, su vecchi ritornelli che sempre tanto fascino hanno suscitato nei propri elettori. Insomma, serrare i ranghi e tornare alle origini. Nel frattempo, mentre a Bergamo lo spettacolo circense andava in scena, da Vespa Rosi Mauro metteva in pratica la lezione della Fornero e piangeva le sue lacrime di coccodrillo. Si può definire la serata leghista di ieri, in tutte le sue facce, surreale? Io credo di si, soprattutto quando Bossi tira in ballo il complotto e servizi segreti. Ma non era Maroni, come appunto hanno fatto notare anche alcuni giornalisti, ministro dell’interno fino all’altro ieri? E’ palese che il teatrino di ieri sera sia servito per tracciare una linea netta: da un lato i traditori farabutti, unici colpevoli del disastro, dall’altro, ben al riparo sul palco di Bergamo, il partito con il suo triumvirato, Bossi e i militanti. Troppo facile così lo scaricabarile, troppo facile ricalcare i vecchi cavalli di battaglia per provare a vincere facile e forse questa volta la base leghista non si farà infinocchiare, anche se io penso sia molto più probabile che alla lunga in buona parte non farà altre domande, si accontenterà inchiesta o mica inchiesta del placebo ben confezionato e servito ieri sera. Contenti loro….


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