La leggenda del lago Gerundo e del drago Tarantasio
Secondo le leggende popolari, il lago Gerundo chiamato anche mare per la sua vastità, pare si trovasse fra i bacini dei fiumi Adda, Oglio e Serio, comprendeva il territorio fra Lodi, Piacenza, Cremona e Bergamo e aveva una grande isola centrale. Le testimonianze scritte accennano semplicemente ad una zona lacustre insana, mentre la tradizione orale è ricca di racconti. Alcune ricerche geologiche rendono l’esistenza di questo lago più che possibile. La zona indicata è caratterizzata da una base ghiaiosa coperta di terra e potrebbe indicare la presenza di un lago prosciugato prima del Medioevo grazie alle ripetute bonifiche e canalizzazioni. All'inizio del XIV secolo i tre fiumi esondarono e allagarono nuovamente le zone che erano state prosciugate.
Dalle acque del Mar Gerundo uscì un drago che chiamarono Taranta o Tarantasio. Il mostro terrorizzava gli abitanti, il suo fiato ammorbava l'aria e causava una malattia chiamata febbre gialla. Si riteneva che il mostro distruggesse le barche e divorasse i bambini. La leggenda dice che San Cristoforo fece un miracolo, sconfisse il drago, le acque si ritirarono e nella palude prosciugata, fu trovata una “costola colossale” che il popolo ritenne essere parte del Drago. Ancora oggi nella sacrestia della chiesa parrocchiale di San Bassiano è custodita la famosa costola, che però pare sia di un bisonte o comunque di un fossile. A testimonianza dell’evento resta il nome di una frazione di Cassano d'Adda denominata Taranta.
Secondo un’altra leggenda fu il capostipite dei Visconti che uccise il drago e poi adottò come simbolo del casato il biscione con il bambino in bocca.
La leggenda del drago del Lago Gerundo fu fonte di ispirazione per lo scultore Luigi Broggini che pensando a Tarantasio ideò l'immagine del cane a sei zampe, marchio simbolo dell'Eni.