La leggenda di Donna Canfora

Creato il 21 novembre 2010 da Natale Zappalà
Di Donna Canfora, protagonista di una nota leggenda attinta dal patrimonio folkloristico del comprensorio di Palmi, si tramanda soprattutto la straordinaria bellezza.Era una giovane vedova rimasta estremamente devota al ricordo del marito. La fama della sua avvenenza arrivò persino ai Saraceni che compivano le consuete incursioni sulle coste tirreniche del Reggino, i quali, un giorno, decisero di rapire Donna Canfora.Approdarono al porto di Pietrenere, presso Taureana di Palmi, ed ivi allestirono un sontuoso mercatino ove esposero le merci più allettevoli dell'Oriente: stoffe, spezie e tappeti di primissima qualità. Tutte le donne del circondario accorsero ad ammirare questa mostra di rarità allestita direttamente sul ponte della nave. Quando anche Donna Canfora salì a bordo, finalmente convinta dalla sua governante, immediatamente il capitano diede l'ordine di mollare gli ormeggi, e l'imbarcazione cominciò celermente ad allontanarsi dalla spiaggia.Si racconta che la giovane, preferendo rinunciare alla vita ma non all'onore, si gettò immediatamente oltre il parapetto, annegando fra i flutti azzurri della sua amata terra.Secondo un'altra versione della leggenda, Donna Canfora sarebbe stata tramutata in sirena, ed il suo canto malinconico, ancora oggi, talvolta viene udito dai pescatori del luogo.Sul pianoro di Taureana, laddove rimangono i ruderi dell'antichissima città dei Brettii, sorge un tempio edificato su di un alto podio, databile a cavallo fra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale romana (I sec. a.C. - I sec. d.C.), tradizionalmente chiamato “Casa di Donna Canfora”.Esiste un legame fra la storia e la leggenda? Effettivamente, il nome Cànfora rimanda al greco kánephoros cioè, letteralmente, “portatore di cesta”. Le cànefore, nella Grecia classica, erano le fanciulle addette, appunto, al trasporto delle ceste durante le processioni religiose in onore di divinità femminili – Atena, Artemide, o Demetra/Persefone – in genere connesse ai riti di fecondità e rigenerazione stagionale, a loro volta rapportabili al culto protostorico della Grande Madre, universalmente diffuso nel bacino del Mediterraneo.Il topos (luogo comune) del rapimento, evidente nella leggenda di Donna Canfora, rimanda, del resto, al ratto di Persefone da parte del dio del mondo sotterraneo Ade, episodio a sua volta collegabile a diverse vicende mitiche del mondo orientale riferibili al ciclo stagionale, come quella sumera legata alla coppia Inanna-Domuzi, o gli anatolici Cibele-Attis.Sembra dunque probabile che, per quanto concerne Donna Canfora, la tradizione popolare palmese abbia manipolato il corpus originario della vicenda mitica, adattandola al periodo delle incursioni saracene nel Sud della Calabria, trasformando la divinità alla quale era dedicato il tempio di Taureana nella bellissima vedova protagonista di questa triste storia di rapimento e morte.La leggenda di Donna Canfora costituisce un vivido esempio del processo di intersecazione storica fra i plurimillenari ricordi ancestrali della provincia reggina. Le memorie smarrite di epoche diverse e lontane si confondono fra di esse, mostrando talvolta il loro volto reale: non sono che le radici di un'identità divenuta ormai evanescente, disperatamente bisognosa di una riscoperta sempre meno voluta dai posteri.
In foto, “La casa di Donna Canfora”, tempio su alto podio (età tardo-repubblicana/primo-imperiale romana), Parco Archeologico di Taureana di Palmi (RC)

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