La leggenda di Virgilio Mago

Creato il 14 novembre 2011 da Senziaguarna

Virgilio veniva da lontano, dal nord forse, dal cielo certamente; egli era giovane, bello, alto nella persona, eretto nel busto, ma camminava con la testa curva, e mormorando certe sue frasi, in un linguaggio strano che niuno poteva comprendere. (…) Onde fu detto Mago e molti furono i miracoli della sua magia. In allora Parthenope era molestata da una grande quantità di mosche, mosche che si moltiplicavano in così grande numero e davano tanto fastidio, da farne fuggire i tranquilli e felici abitatori. Virgilio, per rimediare a così grave sconcio, fece fare una mosca d’oro, qualmente prescrisse – e dopo fatta, le insufflò, con parole, la vita: la quale mosca d’oro se ne andava volando, di qui e di là, ed ogni mosca vera che incontrava, faceva morire. (…) Quando un morbo fierissimo invase la razza dei cavalli, Virgilio fece fondere un grande cavallo di bronzo, gli trasfuse il suo magico potere e ogni cavallo condotto a fare tre giri, intorno a quello di bronzo, era immancabilmente guarito (…). Certi pescatori della spiaggia napoletana e propriamente quelli che dimoravano sulla strada, chiamata in seguito Porta di Massa, andarono da Virgilio, lagnandosi della scarsa pesca che vi facevano e chiedendo a lui un miracolo. Virgilio li volle contentare e in una grossa pietra fece scolpire un piccolo pesce, disse le sue incantagioni e piantata la pietra in un punto, il mare fruttificò mai sempre di pesci innumerevoli. Virgilio fece mettere sulle porte di Parthenope, verso le vie della Campania, due teste augurali ed incantate, una che rideva e l’altra che piangeva: onde colui che capitava a passare sotto la porta dove la testa rideva, ne traeva buon augurio per i suoi affari che sempre riuscivano a bene ed il contrario, a colui che passava sotto la testa piangente. Fu Virgilio che in poche notti fece eseguire da esseri sovrannaturali la grotta di Pozzuoli, per facilitare il viaggio agli abitanti di quei villaggi che venivano in città; (…) fu Virgilio che, di notte incantò le acque sorgive della spiaggia Platamonia e della spiaggia di Pozzuoli, dando loro singolare potenza per guarire ogni specie di malattia (…). La cronaca soggiunge che Virgilio Mago fu amato, rispettato, idolatrato quasi come un Dio, poiché giammai rivolse la sua magia a scopo malvagio, sibbene sempre a vantaggio della città e dell’uomo.
Matilde Serao, “Leggende napoletane”.

Tomba di Virgilio, parco della grotta di Posillipo, Napoli.

Questa è la sostanza, raccontata dalla bella penna della scrittrice napoletana Matilde Serao, della Leggenda di Virgilio Mago, che fa del poeta latino Virgilio, sepolto a Napoli, il “nume tutelare” della città.
Ma la domanda è: da dove viene? Come andare a ripescarne le tracce in una città come Napoli, da sempre vivaio del leggendario e del fantastico?
Per prima cosa, andiamo a verificare le fonti scritte. E’ curioso che i primi autori a parlarne, nella seconda metà del XII secolo, non siano nemmeno italiani: si tratta del chierico inglese Giovanni di Salisbury e di Corrado di Querfurt, cancelliere dell’imperatore Enrico VI. Essi, però, menzionano soltanto le opere meravigliose che Virgilio avrebbe lasciato a Napoli (la mosca d’oro, il cavallo di bronzo, ecc.), ma non le terme di Pozzuoli. Questo particolare lo troveremo solo all’inizio del XIII secolo, nella Glossa Ordinaria, un commento agli Atti degli Apostoli che lo cita per arricchire il racconto dello sbarco di San Paolo a Pozzuoli. E aggiunge anche il particolare “scandalistico”: Virgilio avrebbe corredato le “sue” terme di Pozzuoli con epigrafi in marmo che indicavano le qualità terapeutiche di ciascuna fonte e quali malattie vi si potevano curare, ma queste sarebbero state sfregiate dai medici salernitani timorosi di perdere i loro guadagni. Il chierico inglese Gervasio di Tilbury, nell’opera Otia Imperialia dedicata allo sconfitto “antimperatore” Ottone di Brunswick, raffina la leggenda raccontando la rocambolesca spedizione notturna degli invidiosi medici salernitani per rompere i tituli a colpi di mazza.

Simone Martini, Frontespizio per le Bucoliche - Virgilio Ambrosiano, 1340.

Lo storico dell’Ottocento Domenico Comparetti, nella sua opera Virgilio nel Medioevo sosteneva che quella di Virgilio Mago fosse una leggenda popolare: l’origine si perderebbe nell’Antichità, forse nella tomba stessa di Virgilio, e si sarebbe diffusa sempre più, fino a che, nel XII secolo, i letterati non l’avrebbero messa per iscritto.
Nella sua introduzione all’edizione dell’opera di Comparetti del 1937, però, il filologo Giorgio Pasquali insinua qualche dubbio: strana leggenda popolare, quella che non lascia tracce se non negli scritti degli intellettuali stranieri! L’unica traccia presente a Napoli è quella dell’attuale nome dell’ antico Castello di San Salvatore, Castel dell’Ovo, così chiamato per l’uovo che Virgilio vi avrebbe posto dentro, garanzia dell’inviolabilità della citta: questo termine, però, non compare prima dell’età angioina, e potrebbe essere benissimo un “nome d’importazione”, calato a Napoli insieme con gli intellettuali francesi al seguito di Carlo d’Angiò.
Una pista interessante ce la dà proprio la storia delle terme di Pozzuoli e dei medici salernitani “vandali”. Alcuni studiosi hanno tentato di spiegarlo come traccia di una spietata concorrenza tra medici napoletani e medici salernitani, altri vi hanno visto la critica di un atteggiamento polemico della Scuola Medica Salernitana nei confronti dei bagni. Ora, a un’occhiata un tantino più approfondita, nessuna di queste due spiegazioni regge. Anzitutto, in nessuno dei testi dei maestri della Scuola Medica Salernitana c’è traccia di una qualche “avversione” per i bagni; semplicemente, i maestri salernitani non si fidano ad occhi chiusi dei bagni come metodo migliore per conservare la salute, e mettono invece l’accento sull’importanza di una dieta equilibrata. In secondo luogo, il paragone tra Napoli e Salerno non sussiste per niente, dato il livello incomparabilmente superiore della Scuola Medica Salernitana, i cui medici, già dal IX secolo, erano richiesti fino in Oltralpe; anche l’università che Federico II aprì a Napoli nel XIII secolo era stata concepita anzitutto per gli studi giuridici, e non entrava granché in competizione le scuole di Salerno, che lo stesso Imperatore aveva reso tappa obbligatoria per chiunque nel regno volesse fregiarsi del titolo di medico. Ne è la prova, nello stesso periodo, la figura eclettica di Pietro da Eboli, intellettuale della corte sveva, che si definisce come allievo di Ursone, maestro di medicina non appartenente alla Scuola Medica Salernitana, ma che elogia più volte la dottrina dietetica salernitana nella sua opera De Balneis Puteolaneis, e addirittura nel suo testamento lascia un mulino in eredità alla diocesi di Salerno. Ebbene, in nessuna delle sue opere c’è la minima traccia della leggenda di Virgilio Mago. Eppure, Pietro da Eboli a Napoli sicuramente era di casa. Come mai?
In realtà, la risposta a questa domanda va cercata altrove, nell’ambiente da cui proviene Gervasio di Tilbury: le scuole di medicina della Francia, che Gervasio, da buon docente universitario, doveva conoscere molto bene. Sono loro (quella di Montpellier in testa) le vere rivali della Scuola Medica Salernitana, nonché accanite sostenitrici dei bagni come panacea per tutti i mali. E, soprattutto, sono loro che mal sopportano la concorrenza dei medici salernitani al capezzale dei potenti d’Oltralpe. Nelle cronache francesi, come nel racconto di Gervasio, i medici di Salerno sono presentati come pronti a tutto pur di rimpinguare la borsa, anche a giocare sporco (per esempio, col veleno).

Virgilio - Introduzione alle Bucoliche dal Virgilio Vaticano - VI secolo d. C.

Quella di Virgilio Mago è dunque una leggenda letteraria, elaborata dai chierici del Nord Europa, ma in un luogo abbastanza vicino a Napoli da poterne conoscere la topografia. E allora, ecco ancora una volta Salerno: centro di eccellenza per gli studi in medicina, attirava aspiranti medici da ogni parte d’Europa.  Niente di più facile che la leggenda fosse stata elaborata proprio a Salerno da questi “studenti fuori sede”, mescolando le suggestioni dell’Antichità percepibili dalla vicina Napoli ad alcuni elementi folkloristici del posto.
In effetti, esiste nel folklore salernitano una figura con caratteristiche simili a quelle di Virgilio Mago. Si tratta Pietro Barliario, personaggio forse esistito davvero nel XII secolo se, nel Seicento, il canonico Antonio Mazza dichiara di aver visto la sua tomba nella chiesa di San Benedetto a Salerno e trascrive l’epigrafe che lo definisce magister. Era forse semplicemente un maestro di medicina, ma la leggenda popolare ne ha sfumato i contorni e ne ha fatto il “genio creatore” della città. E questa volta la toponomastica di Salerno ne conserva il ricordo, come nel caso del Ponte dei Diavoli, da sempre nome popolare dell’acquedotto normanno: la leggenda dice che Pietro Barliario avrebbe trovato il modo di assoggettare i demoni alla sua volontà e li avrebbe usati come muratori per costruire il ponte in una sola notte!
Nulla impedisce che i chierici inglesi, francesi e tedeschi che si recavano a studiare medicina a Salerno siano rimasti affascinati da questi racconti, e abbiano deciso di ripulirla facendone protagonista il poeta latino più studiato e amato la cui tomba era a soli 57 Km, perché diventasse degno ornamento per le opere da riportare in patria.

Bibliografia
Domenico Comparetti, Virgilio nel medio evo, a cura di Giorgio Pasquali, La nuova Italia, Firenze 1955, 2 voll;
Giovanni Vitolo, Tra Napoli e Salerno: la costruzione dell’identità cittadina nel Mezzogiorno medievale, Carlone, Salerno, 2001;
Francesco Senatore, La leggenda erudita di Pietro Barliario, mago salernitano, in “Rassegna storica salernitana”, vol. 43 (2005) pp. 275-292.


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