MESSAGGIO
Scrivimi una lettera fra tanto tempo
Scrivimela a mano, di tuo pugno.
Prova a mandarmi tanti pezzi del cuore.
Scrivimi come stai dall’inizio alla fine,
origine o magica polvere.
Oppure scrivimi niente.
Mandami la busta vuota con dentro la tua anima
ed io senza scriverti niente
ovunque sarò ti risponderò
e tu saprai sempre riconoscermi nelle mie poesie.
C’è un bacio sul tavolo, me l’hai lasciato qui.
E ricordati non sempre, ma spesso una cosa,
la tua vita può vedere tutti i miei desideri,
perché i miei desideri sono all’altezza dei tuoi occhi.
Domenico Garofalo
MESSAGGIO di Domenico Garofalo, una poesia, versi che si percepiscono e si diffondono come un richiamo, anzi, sono un richiamo nascosto alla presenza, a voler essere presenza, a farsi presenza viva e reale. La lettera è sempre stato il mezzo e il veicolo ai quali affidare il proprio cuore e la propria anima affinché giungano e raggiungano, portino e rechino le parole che si ritengono più belle o più intense, più dure, più aspre o più dolci, più intense o più significative a una persona, che qualche volta può essere anche immaginaria, ma che comunque è ritenuta importante. L’attesa di una lettera è trepidante come un sogno, tenace come la speranza. Il sollecitare una lettera da un amico o dalla persona amata è vibrante come la pioggia di primavera, rimescolìo di energie spazzate via dal vento e dal sole dell’estate. Vi sono esempi molteplici in letteratura di interi romanzi epistolari, di passioni meravigliose e spesso mortali vissute e consumate attraverso il messaggio della lettera che diventa, perciò, pulsante di vita propria. I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER di Wolfgang Goethe o LE RELAZIONI PERICOLOSE di Chordelos del Laclos tanto per citarne alcuni, sfocianti in alta poesia, la quale coinvolge non solo l’anima e il cuore ma anche i cinque sensi e finanche le pulsioni erotiche più oscure. Sembra esserci quasi una punta di nostalgia nei versi di Domenico Garofalo e un voler andare oltre il tempo e lo spazio, oltre il sentire del momento, la contingenza del giorno, il distacco che appartiene ormai al passato e il desiderio di annullarlo in un futuro che forse non verrà e che rimane sospeso nella sfera dell’inimmaginabile. Egli chiede ma non implora; sollecita ma non supplica. L’uso più frequente del verbo scrivere si configura quasi come un metaforico aggrapparsi alla scrittura, che dal niente può trarre il racconto della vita e trasfigurarlo anche in purezza originaria e polvere magica dalla quale si può rinascere molte volte. Viene spontaneo domandarsi ora: una lettera scritta su un semplice foglio di carta da una mano che impugna una penna è ancora possibile? Si possono racchiudere ancora in essa i propri segreti, le proprie pene o le proprie gioie? Gli sms, le e-mail, facebook, twitter e altre realtà digitali di questo genere dominano e mediano la comunicazione fra le persone. Ma “il comunicare”? Io lo lascio custodire da sempre alla carta e alla penna. Per me niente potrà mai sostituirle in ciò.
Francesca Rita Rombolà