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La lettera scarlatta: tutto credevo, meno di potermi innamorare di un prete.

Creato il 23 ottobre 2013 da Federica Forlini
La lettera scarlatta: tutto credevo, meno di potermi innamorare di un prete.
Se tra quella folla di Puritani fosse stato un cattolico, il quadro di quella donna giovane e bella, che stringeva la sua bambina al seno, gli avrebbe ricondotto il pensiero all'immagine della maternità
Ebbene: ho letto anch'io il famigerato libro e come pochi è andato a incidersi a fondo nella mia carne e nella mia testa. Dopo una lettura del genere finisci per sentirti marchiato anche tu.
Non chiedetemi perché uso altri nomi per i personaggi (ringraziate la Newton Compton, che ha ben pensato di tradurli alla meglio come si sarebbe fatto una settantina/ottantina di anni fa) perché sarebbe una sfida persa in partenza.La storia l'ho trovata semplicemente avvincente, appassionante, da lasciare chiunque senza fiato. E' fantastico come ogni personaggio necessiti di un'evoluzione e ciò si realizza fino alla più paradossale inversione dei ruoli; tanto che, Ruggero Chillingworth, marito danneggiato dal pastore Dimmesdale, resta persino beffato dalla propria vendetta, uscendone risucchiato. Da parte lesa si rende abile persecutore, fino a perdersi totalmente in quel male. Quanto accaduto nell'anima dello scienziato nasconde una morale, che ho trovato terribile e nel contempo non poteva essere più giusta; egli resta assorbito dall'odio con la stessa intensità con cui l'avrebbe rapito un profondo amore, perché ha investito le stesse (se non maggiori) energie nello scavare a fondo nell'interiorità altrui.
Chi può dire infatti che l'odio e l'amore non siano in fondo se non due aspetti della stessa passione umana?

La lettera scarlatta: tutto credevo, meno di potermi innamorare di un prete.

La versione incriminata
che ho avuto il piacere di leggere

Quindi, in parole povere l'autore ci spiega che nel disprezzo, Ruggero ha fatto di Arturo Dimmesdale il suo unico senso di vita; una volta consumata la vendetta, è come se restare al mondo perdesse significato. Grottesco e spaventoso, no?! Però mi ha fatto pena fino a un certo punto; il personaggio che mi ha realmente rapito il cuore è stato lui: il prete.Mentre la donna adultera  trova conforto nella sua punizione, nella compassione di alcuni, nell'amore di sua figlia; la bimba nell'affetto materno e il marito tradito nella vendetta; questo poveraccio si ritrova perfettamente solo, con la fossa dei coccodrilli intorno e nessuno che possa alleviare il suo dolore. Codesto cavaliere maledetto, costretto a combattere contro innumerevoli draghi, ne esce letteralmente a pezzi perché attaccato su troppi fronti: un pastore non può rivelare un simile segreto ed è costretto a farsi dilaniare da un rimorso che brucia continuamente, senso di colpa aggravato dai fedeli che lo osannano e prendono come punto di riferimento e, come se tutto ciò non fosse sufficiente, è forzato a vivere con un finto amico, che più che salvarlo è intenzionato a gettarlo in un baratro di malattia, morte o pazzia. Ruggero non perde occasione  per girare il dito nella piaga di quel cuore così percosso, fragile e lo fa subdolamente: giorno dopo giorno, prima guadagnandosi la fiducia altrui per poi infierire e pugnalarlo. Lo lascia crogiolare dal suo stesso attanagliante senso del peccato e ci mette il carico: troppo liberatorio sarebbe smascherarlo dinanzi a tutti; sicché il prete, per un errore dettato dalla passione (capirete leggendo che insomma, questo marito sembrava più disperso/morto che vivo) si ritrova completamente solo, in balia di un nemico, dello schifo che prova per se stesso, obbligato a subire dei complimenti fuori luogo che gli ricordano di continuo quanto lui sia in torto con la legge divina alla quale era fermamente attaccato.
Si ritiene un uomo fragile, ma a parer mio è il più forte a sopportare quell'Inferno continuo senza vacillare; nessun altro lotta su tutti questi fronti contemporaneamente.
Il mio cuore è rimasto sciolto da quella purezza e nobiltà d'intenti, quel perfezionismo nella ricerca della verità che non è corrotto nemmeno dalla possibilità di una scelta di comodo. E' l'unico così innocente e sensibile da costruirsi da solo il proprio flagello. Sono rimasta scossa e nel contempo impressionata da codesta forza nella prova e tenacia nel bisogno disperato di essere trasparente, senza curarsi delle estreme conseguenze che esso comporta.
Egli dà l'impressione di essere costituito da tante parti troppo differenti tra loro, che tirano ognuna nella propria direzione. Rischia costantemente di sfaldarsi, eppure continua a trascinarsi, senza nemmeno sapere il perché. Arturo Dimmesdale viene presentato come un eroe complesso, maledetto dal fato e crocifisso dalla propria debolezza umana.
Probabilmente è una figura che si presta a libera interpretazione; visto che ho letto da altri recensori un parere diametralmente opposto al mio, in cui addirittura lo si definisce egoista e codardo. Per me è semplicemente il meno scontato: la storia della donna fiera che sopporta gogna ed emarginazione, è strappalacrime, ma lascia il tempo che trova rispetto a un tormento così insidioso e sottile, come una nebbia. Più che codardia, potrei aggiungere a sua discolpa che la sua posizione è quella che più lo allontana dalla possibilità di prendere e rivelare su due piedi il proprio peccato. E comunque, riguardo l'egoismo non è messa così bene nemmeno Ester, visto che per anni ed anni lascia un uomo così delicato e fragile, in balia di suo marito che se fosse legale lo torturerebbe, solo per rispettare uno stupido patto. Ella infatti promette Chillingworth di non rivelare la sua identità, così da lasciarlo agire in incognito sulla mente dell'altro, già esposto al crollo emotivo e senza difese. Non puoi nemmeno chiedere ad un uomo di essere forte e fare la sua parte, se sei la prima a contribuire alla sua disfatta fisica e mentale (lo so, quando mi ci metto sono una laurea in giurisprudenza mancata: l'avvocato delle cause perse).
Ora che vi ho offerto un differente punto di vista, a voi le riflessioni. In fondo, quello che conta in un libro non è trovare il personaggio migliore o peggiore, ma che sia riuscito a spostare qualcosa dentro di noi, che non ci abbia lasciati indifferenti.
Il pastore nel tempio, e sulla piazza del mercato la femmina dalla lettera scarlatta: come si sarebbe potuto immaginare che lo stesso marchio segnasse due creature così diverse e lontane?


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