La lezione del professor Keating
Creato il 14 settembre 2015 da Luz1971
Un ricordo adolescenziale di tanti anni fa, 1989, il cinemino di un paese del sud, il film che mai si dimentica, che si rivede commuovendosi allo stesso modo ogni volta. Oggi, da insegnante, lo propongo puntualmente alle mie classi, come un modello di riferimento che riguardi uno degli aspetti fondamentali dell'essere insegnanti e alunni: la comunicazione. E assieme a questo aspetto fondamentale direi la motivazione, la scoperta di sé. Occorre il maestro che rompe gli schemi perché gli obiettivi si facciano più interessanti, è innegabile. Commentare questo straordinario film - che per altro vede il compianto Robin Williams nella sua prova migliore a mio parere - apre scenari infiniti quanto a osservazioni e interpretazioni. Invece mi soffermerò su uno dei momenti più belli del film, la lezione sul linguaggio della poesia. In una scala di preferenze, porrei questa sequenza esattamente dopo la celebre scena del "carpe diem". Il testo in esame è "Comprendere la poesia", di Evans Pritchard. Leggete questo interessante passaggio dal film: "Dobbiamo anzitutto conoscerne la metrica, la rima e le figure retoriche, e poi porci due domande: uno, con quanta efficacia sia stato reso il fine poetico, due quanto sia importante tale fine. La prima domanda valuta la forma di una poesia, la seconda ne valuta l’importanza. Una volta risposto a queste domande, determinare la grandezza di una poesia diventa una questione relativamente semplice. (Keating si appresta a disegnare degli assi cartesiani sulla lavagna) Se segniamo la perfezione di una poesia sull’asse orizzontale di un grafico, e la sua importanza su quello verticale, sarà sufficiente calcolare l’area totale della poesia per misurarne la grandezza. Un sonetto di Byron può avere valori alti in verticale, ma soltanto medi in orizzontale. Un sonetto di Shakespeare d’altro canto avrà valori molto alti in orizzontale e in verticale, con un’imponente area totale che di conseguenza ne rivela l’autentica grandezza. Procedendo nella lettura di questo libro, esercitatevi in tale metodo di valutazione, accrescendo così la vostra capacità di valutare la poesia, aumenterà il vostro godimento e la comprensione della poesia”. (Keating comincia il suo "attacco" alle fantomatiche teorie)"Escrementi, ecco cosa penso delle teorie di Pritchard. Si può giudicare una poesia facendo una hit parade?" (qui il colpo di scena) "Strappate la pagina, anzi l’intera introduzione. Non è la Bibbia, non andrete certo all’Inferno. Continuate a strappare, questa è una battaglia, una guerra, e le vittime sarebbero i vostri cuori e le vostre anime. Basta con i J. Evans Pritchard. E ora, miei adorati, imparerete a pensare con la vostra testa. Imparerete ad assaporare parole e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo". Keating li vuole portare a esprimere un loro parere su cosa sia la poesia, cosa il poeta cerchi, e qui la sequenza si fa davvero imperdibile. Weir la costruisce in un "gioco a incastri" in cui incastona alcuni momenti della lezione, quelli salienti, in cui emerge imperiosa la natura di questo docente sui generis e va concretizzandosi il suo ascendente sugli allievi. Ho sempre trovato molto divertente, ancorché interessante, lo stupore dei ragazzi dinanzi al crescendo di proposte di Keating. Gli studenti si aspettano ciò che convenzionalmente un insegnante somministra loro, invece prende forma un affastellarsi di contro-proposte che suscita l'interesse dei discenti, crea in loro interesse e curiosità, abbozza una possibilità di stima e di conseguenza di rispetto. Keating invita i ragazzi a riflettere sul sinonimo più appropriato a un determinato contesto, perchè l'uomo e di conseguenza il linguaggio si sono evoluti, ma la risposta del timidissimo Anderson - convenzionale e "troppo giusta" - viene contrastata da quella di Keating di "rimorchiare le donne". E' un contrasto molto interessante, che fa scattare la consapevolezza dell'avere dinanzi un professore che si pone come loro pari e non come autorità indiscussa e troppo lontana dal loro mondo. Segue un crescendo di "siparietti" tutti inseriti nella medesima logica. Non si perda il dettaglio del sedersi sui banchi, abbandonando la consueta e "troppo giusta" posizione, oppure il "grazie per aver partecipato" del prof nei riguardi dello studente abituato a farsi beffe delle regole, fino ad arrivare all'invito a "guardare il mondo da diverse angolazioni". La piccola sequenza dello stare tutti a turno in piedi sulla cattedra è il culmine di questa lezione sul linguaggio e ha contorni molto definiti: gli studenti comprendano il valore del linguaggio, arricchiscano il proprio lessico, ma allo stesso tempo non imbriglino le loro menti in recinti già definiti, escano dall'ordinario, cerchino piuttosto una loro personale visione. Lo straordinario come valore essenziale per essere adulti che lascino il segno, secondo una logica di individualismo positivo che riesca a contrastare la massificazione asservita a sistemi economici conservatori e sempre uguali a se stessi. Ci sono coloro che si dicono assolutamente contrari a un tipo di approccio didattico di questo tipo, che creerebbe nello studente una sorta di "straniamento", una perdita di punti di riferimento, ecc. Io invece sono assolutamente concorde, fermo restando che alla base di una relazione didattica di questo tipo si debba porre la coerenza e il fermo proposito di non porsi come "amico" quanto piuttosto di un adulto disposto al dialogo e all'aiuto concreto. Sempre più oggi questo mestiere richiede competenze in merito a una didattica non solo quanto più possibile interdisciplinare, ma anche orientata verso una comprensione del mondo giovanile, un "patteggiamento" utile a creare interrelazioni significative.
C'è stato un/una insegnante che abbia segnato un momento importante della vostra vita?
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