L’emozione è stata fortissima. Stephen Hawking al centro della scena. Visibile in tutta la sua disabilità motoria, gigantesco nella sua capacità di comunicare attraverso la voce sintetizzata, in uno stadio che ascoltava in silenzio commosso le sue parole, le sue curiosità di scienziato, di astrofisico. “Look up at the stars and not down at your feet”: “Volgi il tuo sguardo alle stelle, e non in basso ai tuoi piedi”. Un tuffo al cuore per me, che da ragazzo amavo Kant, e ponevo al centro del senso della mia vita a rotelle la sua massima: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.E’ la ricerca razionale di una spiegazione di fronte al mistero delle diversità della vita, la chiave di lettura, profonda e coinvolgente, di una cerimonia di apertura delle Paralimpiadi che non ha eguali nella storia di questo evento, e che ha retto il confronto, alla grande, con l’analoga cerimonia londinese di apertura delle Olimpiadi, a fine luglio.
Influenzata dai pensieri di Hawking, la rappresentazione dell’evoluzione del mondo, capace di comprendere e includere le persone con disabilità all’interno di un disegno universale perfetto e razionale, è stato un esempio alto di comunicazione sulla disabilità, quasi una pedagogia condensata, un modo di raccontare e coinvolgere, capace di raggiungere la mente passando attraverso il cuore e le emozioni.
Lunga, troppo lunga, e dunque faticosa da seguire sino al termine, questa cerimonia però era un evento televisivo imperdibile. E Rai e Sky lo hanno capito perfettamente, facendo quasi a gara nel commentare, in modo assolutamente professionale e corretto, tutte le fasi della serata, compresa la sfilata delle squadre nazionali, zeppe di sedie a rotelle, di persone claudicanti, di non vedenti, di amputati, tutti allegri, felici, ironici ed emozionati.
Credo che sia difficile trovare un evento altrettanto simbolico e popolare per avvicinare in modo piacevole e corretto la gente non solo allo sport paralimpico, ma anche al mondo delle persone con disabilità. E allora mi domando perché la Rai, che è servizio pubblico, abbia perso una occasione come questa. La trasmissione in diretta sul canale digitale di Raisport, infatti, è stata eccellente, grazie soprattutto alla cultura e alla sensibilità di Lorenzo Roata e di Claudio Arrigoni. Ma ancora adesso – non nascondiamoci dietro un telecomando – la scelta dei canali digitali che vanno dopo il numero 6 (al massimo 7) è una scelta consapevole del telespettatore, non ancora abituato a spazzolare sull’intera proposta delle nuove piattaforme pubbliche e private.
La cosa strana è che la Rai sta investendo e bene sulle Paralimpiadi, molto più di altri Paesi televisivamente evoluti. E allora forse è mancato il coraggio aziendale di proporre, in una quieta serata senza concorrenza reale, a fine agosto, una diretta in prima serata sulla rete ammiraglia, Rai Uno, oppure sulle altre due reti tradizionali della televisione di Stato. Secondo me la scelta giusta, e vincente, sarebbe stata quella di partire su Raiuno, e dopo un’ora spostarsi sul canale digitale di Raisport, favorendo così una “migrazione” intelligente di un pubblico generalista. Anche questo è fare cultura della disabilità, cultura della normalità.
Se non ora, quando?
Corriere della sera