L’ingresso mi ha un po’ impressionata: un piccolissimo atrio con un tavolino e decine di immagini di guru indiani barbuti appesi alle pareti. In sottofondo una musica soave ,forse del mitico Ravi Shankar e una saletta con tanti materassini in terra tutti rigorosamente bianchi. Sempre di bianco con turbante in testa era la signora che ci ha accolto con un sorriso invitandoci a lasciare le nostre cose e ad accomodarci per fare la prima lezione di yoga.
Di lì a poco la saletta si è riempita di persone che con la loro pelle d’orso spalmata in terra (ho capito che quella pelle l’avevano coloro che frequentavano da tempo) si apprestavano poi a coprirsi con un piccolo playd in lana .
I primi esercizi sembravano semplici sopratutto per chi ha un fisico un po’ allenato ma non per chi ,come me ,comincia ad avere dolori articolari e qualche crampetto. Il momento più drammatico, se così vogliamo chiamarlo, è stato sicuramente l’inizio del Mandra: un specie di preghiera cantilenata. Temevo questo momento perchè mi aspettavo una reazione di ilarità da parte delle mie figlie, che c’è stata si, ma contenuta. Sarà per il mio sguardo di fuoco che le ha fulminate?!Di sicuro non erano rilassatissime come desiderava la maestra. Ma vi immaginate se in questo ambientino silenzioso e soave fossimo scoppiate a ridere fragorosamente tutte e tre? Pericolo scampato.
Dopo una mezz’ora di esercizi addominali,respiratori, posturali e cantilene varie l’impeto era quello di rimettermi le scarpe e scappare da questa gabbia che profumava d’incenso. Per assurdo, alla fine della lezione (un’ora e mezza), la più entusisasta si è rivelata la mia figlia minore che, diversamente dalle aspettative, ha deciso di proseguire . Chissà!!