La lezione giapponese sulla svalutazione

Creato il 22 dicembre 2015 da Keynesblog @keynesblog

Il Giappone è un caso emblematico di come in un ambiente di bassa domanda globale le variazioni del tasso di cambio abbiano poco peso sulle esportazioni e quindi le svalutazioni perdano il loro effetto. Nonostante l’ampio deprezzamento dello yen, l’export giapponese rimane stabile in volumi e addirittura si riduce in dollari.

L’idea alla base del vantaggio competitivo dato dalla svalutazione di una moneta è semplice ed è basata sulla legge della domanda e dell’offerta: i beni prodotti nel paese che svaluta costeranno di meno per gli acquirenti esteri (diminuzione dei prezzi), quindi aumenterà la loro domanda, quindi si produrrà di più. Ma come misurare l’aumento delle esportazioni? Se lo facciamo in valuta locale, rischiamo di incorrere in una illusione monetaria. Supponiamo che un paese venda all’estero 100 auto a 10.000 dollari l’una. In tal caso il ricavo sarà di un milione di dollari, uguali a un milione in moneta locale. Dopo la svalutazione, se continuo a vendere 100 auto a 10.000 dollari l’una, ma intanto la moneta locale vale solo 0,5 dollari, avrò ancora un ricavo di un milione di dollari, avrò ancora venduto solo 100 auto, ma il ricavo misurato in moneta locale sarà di due milioni. L’illusione quindi è che l’export sia raddoppiato, mentre è rimasto identico tanto in volume (100 auto) tanto in valuta estera (un milione di dollari). Pertanto in genere l’effetto di una svalutazione va misurato in termini di quantità o di moneta estera (tipicamente dollari USA).

In effetti, lo scopo della svalutazione sarebbe quello di ridurre i prezzi misurati in valuta estera per aumentare le quantità. Facciamo quindi l’esempio di una riduzione dei prezzi (in dollari) da 10.000 a 9.000. Se continuo a vendere 100 auto, ci avrò perso (in dollari) perché 100×9000 fa solo 900.000 dollari. Ma si suppone che la riduzione del prezzo in dollari convincerà i consumatori americani a comprare più auto da me, sottraendo quote di mercato ai concorrenti. Se ad esempio invece di 100 auto ne vendo 120 avrò 120×9000 = 1.080.000 dollari.

Guardiamo adesso ad un caso concreto: il Giappone. A partire dalla fine del 2012, lo Yen giapponese si è svalutato del 35% nei riguardi del dollaro americano, quasi lo stesso nei riguardi dello Yuan cinese e del 25% nei riguardi dell’euro.

Quale è stato il risultato in termini di volumi esportati di una così significativa svalutazione?

Praticamente nessuno:

Fonte: UNCTAD unctadstat.unctad.org

Si noti l’impetuosa crescita in volumi tra il 2005 e il 2007 (anni in cui lo Yen valeva mediamente poco più di oggi e tendeva a svalutarsi) e poi quella dopo l’ultimo trimestre del 2008 (quando lo Yen tendeva invece a rivalutarsi) e le si confronti invece alla stagnazione post 2011 che non viene sostanzialmente intaccata dalla svalutazione alla fine del 2012. Tutt’ora i volumi esportati sono ancora minori dell’ultimo trimestre del 2010 (quando lo Yen valeva molto di più di oggi). In altri termini, l’export non reagisce in modo sostanziale al tasso di cambio, ma è guidato da altri fattori (che potrebbero essere ad esempio la domanda globale, le misure protezionistiche, ecc.). 

Tornando al nostro esempio, siamo quindi nella situazione in cui continuo a vendere 100 auto ma a 9000 dollari invece che 10.000. Il risultato è ovviamente che le esportazioni misurate in dollari diminuiscono:

Sul lato importazioni, poi, bisogna fare ben poco affidamento all’effetto sostituzione dovuto al rincaro delle importazioni – l’idea cioè che i prezzi più elevati dei prodotti esteri inducano al consumo di prodotti locali. Il trimestre peggiore per le importazioni in Giappone è stato quello di Gennaio-Marzo 2014, dopo un periodo di oltre un anno dalla prima svalutazione, in cui la bilancia commerciale è peggiorata, a causa della crescita della domanda interna. Solo dopo la caduta del prezzo del petrolio si è assistito ad un netto miglioramento sul lato importazioni.

Tutto ciò dovrebbe rendere molto più prudenti coloro i quali recentemente ripongono una eccessiva fiducia negli effetti benefici delle svalutazioni. 

Per approfondire:

  • Il commercio mondiale immobile dal 2011
  • Le svalutazioni che non funzionano
  • Le svalutazioni servono a poco o nulla
  • Quando la svalutazione è recessiva
  • Il tasso di cambio tra mito e realtà
  • Squilibri nell’eurozona: non è un problema di competitività di prezzo
  • Il vincolo esterno della Grecia
  • Piangi per te, Argentina

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