Mentre ancora il tempo di questo pezzo si dilata, sento il desiderio di camminare e vado a prendermi da bere. Incontro amici e conoscenti, e tutti sembrano aver bisogno di venire rincuorati, di trovare conferma del proprio valore. A ciascuno offro l'unica cosa che abbia voglia di dare (ché non sono una caritatevole missionaria), ovvero parole uniche, pensate apposta per lui/lei in base a ciò che di quella persona so. Appoggio delicata la mia mano sul loro petto, o intorno al loro collo, e parlo. A uno ricordo la propria incredibile determinazione e l'orgoglio che dovrebbe scaturire da tutto ciò che ha già fatto nella sua ancora giovane vita, all'altro consiglio di prendersi tempo per sé e per decidere cosa sia prioritario nella sua esistenza così da smettere di brancolare nel buio. Incontro altri ancora, e la scena si ripete.
Al bar mi riempiono il bicchiere quasi all'orlo. Comincio a bere onde evitare si rovesciarne. La musica sta continuando - sempre pezzi lenti e ipnotici (dov'è finito il punk?). Molto piacevole davvero! Una marea umana si muove disordinata e scomposta intorno a me in ogni direzione verso le varie stanze del Gabrio. Cammino, poi mi fermo; arretro, mi sposto di lato, riprendo; permetto altrui passaggi, incroci, sbandamenti - lenta anche io, al ritmo della musica. Un ragazzo, sulla porta, sta osservandomi con attenzione. Quando arrivo a doverlo superare indietreggia, s'appoggia al muro e con un enorme sorriso mi cede il passaggio: "Prego, libellula". Di fatto, in un certo senso, sto piano piano ricominciando a volare...