Sono stata a Christiania nel 1989. Giravo in inter-rail col mio zainetto in spalla e il sacco a pelo, e sempre finiva che mi intruppavo con busker vari in ogni dove e passavo le giornate per strada a chiacchierare con loro, a coccolare cani (c'erano sempre cani), a farmi cuocere dal sole per ore e a raccogliere soldi per loro quando si esibivano con i loro strumenti.
E anche quella volta avevo conosciuto in questo modo una giovanissima (eravamo entrambe poco più che maggiorenni) violinista giapponese che conviveva con un ragazzo danese residente appunto nella cittadina anarchica. Finito di suonare, a metà pomeriggio, avevamo camminato insieme dal centro città a Christiania, lei con la sua bicicletta portata a mano, e io che invidiavo quella sua scelta così coraggiosa di stare - seguendo un rapporto d'amore - lontano dalla famiglia, in un altro paese, in una comunità hippy/punk/anarchica all'epoca ben meno legalizzata di oggi, a vivere con ciò che riusciva a tirare su dal lavoro di musicista per strada.
Si sta bene quando ci si riconosce tra simili e immediatamente scatta quella fiducia per cui per esempio - sebbene non si potessero scattare fotografie - mi permisero di farne (e qui non le vedrete proprio in virtù di quel tacito accordo con loro di tenerle per me).
Per chi ha tempo/piacere per la visione di un documentario segnalo Christiania, you have my heart, realizzato da Nils Vest nel 1991, che racconta la vita nei primi 20 anni della città.Sì, si può decisamente vivere in altri modi, ovvero nonostante lo stato, le sue leggi, le sue perversioni.