La Libertà secondo Ascanio Celestini. Nostra intervista per il bimestrale UT

Creato il 28 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Per il terzo numero 2011 della rivista d’arte e fatti culturali UT dedicato alla Libertà (che presentiamo nel tardo pomeriggio al “Pescaturismo Fish” di Grottammare), abbiamo posto alcune domande ad Ascanio Celestini. Più che un’intervista è stato quasi il monologo di un attore che sulla libertà e su ciò che rappresenta, ha da sempre molte parole da dire. La riportiamo integralmente, ne vale la pena. Ascanio, la libertà...Non sono né un pensatore né un filosofo. Però lo dico in un racconto, quello che penso della libertà. I poveri vendono tutto: la rabbia, la fame, la sete, la meraviglia e alla fine, dopo aver venduto anche la loro povertà, rimangono senza niente. Allora si armano. Non di coltelli e di forchette ma di fucili e pistole perché la rivoluzione non è un pranzo di gala, la rivoluzioneè un atto di violenza. Quando arrivano sotto il palazzo del podestà non riescono a fare niente perché senza la rabbia, senza la fame, senza la sete, senza l’orgoglio, senza la coscienza di classe non si fa la rivoluzione. Allora il podestà gli riconsegna la libertà. E loro adesso hanno la libertà. Ma non ci fanno niente perché la libertà da sola non serve. Senza coscienza non c’è libertà. Senza una visione del mondo non esiste la libertà. È come avere la macchina col pieno e non sai che strada prendere.Si dice: libertà è giustizia sociale, solidarietà, uguaglianza, legalità. Per Ascanio Celestini la libertà è un concetto assoluto, oppure... È soprattutto una questione individuale che in gran parte prescinde dalle leggi, e che è legata alla coscienza che l’individuo libero ha di sé. Noi possiamo parlare di informazione libera in una società libera e di una scuola libera in una democrazia, però in realtà sono mediazioni. Libero è l’essere umano, e la propria libertà e la propria liberazione l’individuo le deve cercare da solo. Prima da solo poi insieme agli altri. Le deve cercare per lui e in prima persona. L’individuo non si libera perché qualcuno lo libera, perché qualcuno delegato dallo stesso individuo fa si che nel paese in cui l’individuo vive ci siano delle leggi migliori. In realtà questo è un aspetto marginale perché noi sappiamo che lo Stato è un potere, il governo gestisce una parte del potere, perché una parte consistente del potere sta in mani di molti altri, delle multinazionali, della Chiesa, dei gruppi di opinione particolarmente forti, delle industrie...L’individuo sideve costruire la propria libertà incominciando lui in prima persona, poi anche con gli altri in una sorta di responsabilità che diventa collettiva. Ma la libertà è qualcosa di differente dalla Costituzione, dalla tutela. La libertà è come la memoria, non c’è la memoria collettiva c’è la collettività che può discutere sui fatti. La memoria è il ricordo di un singolo individuo, quando cominciamo a parlare del concetto di nazione, di memoria collettiva già stiamo parlando dei monumenti, che servono più a celebrare chi li mette che gli eroi che vorrebbero rappresentare.Un aggettivo per definire la Libertà...Più che un aggettivo userei un termine che in qualche maniera si può affiancare al concetto di libertà: la rabbia. Nel senso che proprio perché è una questione che deve essere continuamente non solo riconquistata,rinegoziata, tenuta ben presente costantemente, senza la rabbia la libertà rischia di somigliare molto a una passeggiata nell’ospizio, piacevole e rilassante ma il senso della dimensione, dov’è?

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