La libertà si conquista: non si può comprendere il significato e il valore del «software libero», se prima non si comprende cosa sia la libertà.

Creato il 14 maggio 2012 da Hugor @msdiaz61
Non si può comprendere il significato e il valore del «software libero», se prima non si comprende cosa sia la libertà. Per cominciare occorre circoscrivere un contesto, quindi, ci si può domandare se nell'ambito di questo si è libero o meno.
Si è liberi quando non si attribuisce ad altri la responsabilità per le proprie mancanze; mancanze intese come qualcosa che non si può fare, essere o avere. In altri termini, si potrebbe dire che si è liberi quando non si avvertono limiti ai propri desideri.
I limiti al proprio desiderio possono essere dovuti all'ambiente, ma più spesso di quanto ci si renda conto, si cerca di proiettare all'esterno la colpa di ciò che invece è solo una mancanza personale.
Essere liberi vuol dire essere soli di fronte a se stessi; vuol dire fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze; vuol dire essere responsabili a tutti gli effetti.
Il software libero offre la libertà nell'informatica, ma questa libertà, per essere esercitata, richiede competenza. Senza competenze, il cui apprendimento è molto costoso in termini di impegno, non si può beneficiare di questa libertà. Chi copia illegalmente il software proprietario crede forse di avere conquistato qualcosa; invece, oltre che commettere un reato, dichiara apertamente l'incapacità di afferrare la propria libertà informatica. Ma non è colpa della società in cui vive e nemmeno della tale azienda produttrice che per lui non fa un'eccezione. È solo colpa sua, perché il software libero richiede impegno.
L'evoluzione umana del nuovo secolo dipenderà dall'informatica. Solo se gli strumenti informatici saranno usati e gestiti consapevolmente, ma soprattutto solo se la conoscenza di tali strumenti sarà diffusa, si potrà parlare di «evoluzione»; diversamente si creerà una dipendenza da ciò che non si conosce e da cui, di conseguenza, non ci si può difendere.
Il software libero, è tale perché può essere usato, studiato, modificato e gestito come si vuole, senza doversi fidare, senza dover dipendere necessariamente da qualcun altro per la sua messa a punto. Pertanto, la sfida del software libero non serve semplicemente a soddisfare l'esigenza della «copia libera», anche se questo è il primo bisogno che si avverte, ma serve soprattutto per dare la «libertà di parola» del futuro.
Non è con le pretese che si ottiene la libertà; tanto meno con l'invidia. La libertà si conquista e il punto di inizio è de Software Libero vs. Open Source.
Benché i due termini siano spesso utilizzati per indicare la stessa cosa, il significato ovvio di Open Source è: puoi guardare il codice sorgente. Questo è vero non solo per il Software Libero, ma anche per software semiliberi e addirittura per qualche software proprietario. L'Open Source è diventato di moda, negli ultimi tempi non sono rari i casi di aziende che utilizzano tale termine in frasi ambigue al solo scopo di attrarre l'attenzione verso prodotti proprietari.
Ancor più preoccupante il fenomeno di aziende Linux che inseriscono in posizioni chiave del loro sistema, software proprietari quali installer grafici o tool per la configurazione, definendoli software a valore aggiunto. L'evento più emblematico di questa situazione ambigua proviene dallo stesso movimento Open Source ed è il caso della licenza Apple APSL (Apple Public Source License).
Proprio questa licenza rappresenta la prima vera spaccatura tra il movimento Open Source e la comunità del Software Libero, la OSI ha infatti dichiarato conforme alla Open Source Definition la versione 1.2 di tale licenza, mentre la FSF, pur ammettendo che Apple ha compiuto due grandi passi in avanti rispetto la versione 1.0, non la considera ancora una licenza libera.
Il software rilasciato sotto licenza APSL è quindi Open Source, ma non è Libero.
D'ora in poi, i due termini non potranno più essere usati come sinonimi, quindi, evitate di utilizzare il termine Open Source, quando volete riferirvi al Software Libero.  
Sfatiamo alcuni miti
Il software libero è gratuito
È falso: la libertà del software non ha nulla a che vedere con il suo prezzo. Benché gran parte del software libero più diffuso sia distribuito gratuitamente, ci sono programmatori che vivono della vendita e della manutenzione dei programmi liberi da loro creati.
Il software gratuito è libero
È falso. Molti programmi proprietari vengono distribuiti gratuitamente.
Il software libero è privo di copyright
È falso. Benché si possa rinunciare al copyright su un proprio programma e renderlo così di pubblico dominio, la gran parte del software libero è distribuito con una licenza. Per esempio, sono licenze di copyright la licenza BSD e la GNU GPL, anche se per qualificare quest'ultima spesso si parla di permesso d'autore (copyleft).
L'introduzione del software libero nella scuola e nella Pubblica Amministrazione, ma anche nei paesi poveri, ridurrebbe i costi relativi al software
Potrebbe essere vero, ma una seria valutazione dei costi è molto difficile. Qualunque tipo di software, se usato in ambito non domestico, ha dei costi di manutenzione che sono solitamente maggiori del suo prezzo di acquisto. I motivi per sostenere l'uso del software libero, specie in ambiti pubblici, riguardano anzitutto la libertà, non il prezzo.
Chi scrive un programma libero lo deve pubblicare su Internet
È una falsa argomentazione spesso usata per scoraggiare un'azienda dall'uso di una licenza libera per i suoi programmi. Sia gli autori che gli acquirenti di un programma libero hanno il diritto di distribuirlo a titolo oneroso o gratuito, ma non hanno alcun obbligo in tal senso.


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