La linea del Piove

Creato il 20 ottobre 2011 da Sogniebisogni


Oggi Roma è stata improvvidamente colpita da un evento estremo ed imprevedibile: si è messo a piovere forte. Da quando mi sono alzato e ho potuto constatare che sull’attigua Via Tiburtina si allineava un convoglio di 118 autobus con contorno di utilitarie, immersi nel brodetto gorgogliante dell’allagamento, ho capito che arrivare puntuale ad insegnare sarebbe stata un’ardua impresa. In realtà mi ero già svegliato un’ora prima fra tuoni e fulmini e mi ero placidamente rigirato su un fianco pensando: «Dormirò altri cinque minutzzzzz…». 

In ogni caso, armato di ombrello e altri dispositivi impermeabili, mi sono fatto largo sul luogo del disastro: una specie di stagno limaccioso che aveva preso il posto della via, marciapiedi inclusi, e veniva attivamente rifornito da un immissario di acqua e fanga proveniente direttamente dalle fogne intasate. Le auto sciamavano sopra i marciapiedi in cerca di scampo, mentre alcune erano mestamente colate a picco nelle buche, osservate con vivace interesse da gruppi di cazzeggiatori anziani e da pochi pompieri dall’aria avvilita. Le propaggini dell’ingorgo si allungavano probabilmente fin verso Tivoli. 

Mi sono incolonnato insieme a lunghi cordoni di profughi verso la Stazione Tiburtina, alla ricerca di notizie provenienti dal mondo civilizzato, quello dotato di elettricità, internet e scarpe asciutte, ma senza troppa fortuna. Anche il gioiellino che le FFSS stanno faticosamente costruendo a cavacecio di Pietralata sembrava un cetaceo spiaggiato, coi sottopassaggi allagati e la metro chiusa. Dopo alcuni chilometri finalmente ho beccato un autobus e così, tutti assardinati insieme come dannati, siamo arrivati alla Stazione Termini. 

L’intero quartiere somigliava a una specie di Malebolge con gli schizzi d’acqua al posto della pece. Era in corso una strombettante manifestazione dei lavoratori delle ferrovie, tutti i treni erano in ritardo, i turisti sciamavano impazziti senza che nessuno si prendesse la briga di spiegargli che non eravamo sotto un attacco di Al Qaeda e che il loro treno per Fiumicino era semplicemente affogato. «Ci scusiamo per il disagio», come diceva simpaticamente l’altoparlante, inascoltato fra le grida e le pernacchie della Stazione. E forse si riferiva al disagio della civiltà. Per un attimo, in tutto quel caos e in quella disperazione tarocca, mi è venuto in mente di essere in un film di Fellini, un Giulietta degli Spiriti dedicato al meraviglioso mondo dei fallimenti urbanistici. Fellini è dunque morto invano? O è forse Roma il film felliniano che è sopravvissuto alla mente del Maestro? 

Tornando a casa, ore dopo, molto molto lentamente perché le metropolitane funzionavano a singhiozzo, ho captato da uno schermo la conferenza stampa del Supersindaco Alemagno che affermava: «E’ piovuto moltissimo, non potevamo fare niente…». Lì ho capito che non sono intrappolato in un film di Fellini, ma nella diuturna replica di un film di Alberto Sordi…




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