Questo articolo è la parte 9 di 9 dello speciale: Rileggendo Sandman
- Sandman: Preludi e Notturni
- Sandman: Casa di Bambola
- Sandman: Le Terre del sogno
- Sandman: La Stagione delle Nebbie
- Sandman: Vite Brevi
- Sandman: Il gioco della vita
- Sandman: Favole e Riflessi
- Guardare Sandman: Preludi e Notturni
- Rileggendo Sandman: La locanda alla fine dei mondi
Un gruppo di personaggi costretti in una locanda: che cosa c’è di meglio del narrare storie per trascorrere il tempo?
Mentre fuori infuria una tempesta di spaventosa intensità, dentro c’è calore e buon cibo, bevande e la più varia delle compagnie. Esseri, capitati lì da ogni dove, smarriti nella bufera, hanno raggiunto i limiti dei propri mondi e li hanno attraversati, giungendo in un luogo eccentrico. Se ogni mondo è una ruga dell’universo, quella dove si ritrovano è una regione dove le rughe, incontrandosi, si appianano. Questa interferenza distruttiva consente la sopravvivenza del luogo e la tregua dagli sconvolgimenti dei mondi. Questo spazio sicuro prende forma di locanda e dentro le sue mura gli ospiti attendono la fine della bufera. Raccontando storie.
Ogni narratore contribuisce con storie del proprio mondo e mette a disposizione di chiunque ascolti ricordi e visioni. Qual è la conseguenza di questa condivisione? Che chi ascolta scopre altri punti di vista, altre realtà: il suo universo si espande e il suo posto in esso non è più quello di prima. Il passaggio attraverso la locanda diventa allora occasione di cambiamento: tornata la calma, molti faranno ritorno ai propri mondi di provenienza, ma altri decideranno di esplorarne di nuovi, come Petrafax, o di restare nella locanda, come Charlene.
La Locanda alla fine dei mondi, la cui esistenza sembra fragile e inspiegabile eppure inevitabile e senza fine, ben rappresenta la disposizione ideale per gustare racconti: sta sospesa in equilibrio fra le tensioni degli universi, così come la mente in ascolto di una storia lo è fra quelle del mondo reale. Essere alla fine dei mondi significa poter partecipare della natura di ciascuno di essi, così come accettare una storia significa accettare di calarsi in essa, appassionarsi alle sue vicende e ai suoi personaggi. La sospensione del senso di realtà è la condizione per partecipare al senso del meraviglioso. Ascoltare consente di accogliere e sperimentare nuovi pensieri; e quindi cambiare [1] .
Caratteristica comune delle storie de La Locanda è il ruolo marginale di Morfeo, addirittura assente in Hob’s Leviathan. In effetti, siamo di fronte a racconti che, con minimi aggiustamenti, potrebbero benissimo essere pubblicati al di fuori della saga. In questo senso, sono prove esemplari della capacità narrativa di Gaiman e della libertà guadagnata nella gestione di Sandman. Tuttavia, due storie guadagnano un plus di interesse per i loro riferimenti alla trama principale e la tecnica di narrazione: The Golden Boy, e Cerements, a mio parere la più fascinosa della raccolta. E proprio su queste mi soffermerò in questo articolo.
The Golden Boy
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Lo spunto dell racconto è una serie DC degli anni 1970, The Prez, che racconta di un adolescente Presidente degli USA (la serie durò solo quattro numeri). In The Golden Boy, la prima parte, l’ascesa e la Presidenza di Prez, è parodia dell’atteggiamento politico riscontrato da Gaiman in alcuni amici statunitensi, molto vicino all’attesa messianica [2] . La seconda parte della storia, quella ipotetica che narra che cosa accadde a Prez dopo la morte, è invece di tutt’altro tenore. Prez incontra nuovamente Boss Smiley, che gli annuncia di tenerlo in pugno: “Tu non vai da nessuna parte. Sei morto. Sei mio”. Prez lo avrà ignorato in vita, ma ora è alla sua mercé e sarà strumento dei suoi disegni. Ma a questo punto, interviene Sogno, deus ex machina, che prende il ragazzo sotto la propria protezione.
Boss Smiley protesta: “Sono il re di questo mondo”. Ma Morfeo ribatte:
Ed io delle storie. E il ragazzo è sotto la mia giurisdizione. Non la tua.
Due sono i punti importanti che questa scena segnala: il primo è che Prez è una storia; il secondo, che Sogno agisce in base a dovere e senso di giustizia.
Ciò che resta
L’individuo è scomparso e, come spiega Death, se ne va in un posto diverso per ciascuno. L’inferno stesso è una scelta e, alla fin fine, una stazione di transito scelta volontariamente (ricordate Casa di Bambola?).
Cha cosa rimane di Prez?
Di Prez rimane una storia. Anzi: una molteplicità di storie, che narrano sue possibili vite e possibii morti. Di queste storie, nessuno sa quale sia vera, seppur alcuna lo sia; in ognuna c’è una visione di Prez e forse uno specifico desiderio o gusto o timore di chi l’ha raccontata. In altre parole, ognuna propone delle possibilità, con le quali confrontarsi. In questo senso, la storia di Prez è un mito. [3] La Baghdad di Harun al-Rashid sopravvive nel mondo come memoria raccontata e trasmessa, affidata agli uomini e protetta dal Signore delle Storie. [4] E Prez guadagna lo stesso destino della città delle meraviglie e diventa a pieno titolo cittadino (suddito?) del regno di Morfeo. Sogno utilizza addirittura il termine formale “giurisdizione”, per sottolineare che la sua azione non si basa su un umore estemporaneo, ma nasce e si inscrive nel senso delle norme che reggono gli universi e che lui è tenuto a far rispettare.
Senso di Giustizia
Ed ecco allora una possibile origine profonda dell’ostilità fra Sogno e Desiderio: il Signore delle Storie era in realtà satellite del regno del fratello/sorella, o quantomeno ne era dominato in particolari momenti critici della sua vita. Ma nel tempo se ne è via via emancipato, è cresciuto. Finalmente vive il proprio ruolo con un senso diverso. Così è riuscito a concludere la dolorosa vicenda di Orfeo. Per questo salva Prez da Boss Smiley; sospetto con non poco gusto e divertimento, perché sicuramente disprezza Boss Smiley e i suoi principii. Il piacere che prima gli derivava dallo sfoggio di potere, ora gli viene dall’applicazione della giustizia. [5] Certo, è in grado di rendere giustizia in forza del proprio potere, ma la differenza di senso è enorme. E, soprattutto, Sogno ora è consapevole delle proprie responsabilità: è un individuo eticamente maturo e non perde occasione di compiere qualsiasi piccolo atto che renda migliore il mondo. Questo Morfeo probabilmente non avrebbe accettato lo scioglimento della vicenda narrata in Cacciatori di Sogni. Là alla protesta della Volpe: “Questo non è giusto!”, si limitò a ribattere “No, non lo è”, senza far seguire alcuna azione alla constatazione. [6]
Necropoli: Del diverso grado di conoscenza del lettore rispetto ai personaggi
Noi sappiamo che quella sala ha a che fare con gli Eterni e che il libro è quello di Destino: il resto ci è altrettanto sconosciuto, ma le nostre domande al riguardo sono ben diverse da quelle che potrebbero formulare i personaggi. E infine, nella fantastica parata che chiude la raccolta, noi riconosciamo molti personaggi.>
E ci rendiamo conto che manca qualcuno.
In chiusura, colgo l’occasione per segnalare il varo della serie di articoli di Guglielmo Nigro che rileggono Sandman dal punto di vista grafico [8] . La relazione fra testi e disegni all’interno della saga è sempre stata molto stretta, al punto che Gaiman adattava le sceneggiature allo stile del disegnatore a cui sapeva o desiderava sarebbero state affidate. In questo, come molti altri autori, replicava l’approccio di Gershwin alla scrittura delle partiture, che tenevano sempre come riferimento un esecutore concreto, con nome e cognome, e non ideale, supportando l’opinione che il miglior risultato si ha dalla considerazione degli strumenti e del contesto reale di produzione.
Abbiamo parlato di:
La locanda alla fine dei mondi
Neil Gaiman, Brian Talbot, John Watkind, Michael Allred, Michael Zulli, Shea Anton Pensa, Alec Stevens, Gary Amaro, Dick Giordano, Mark Buckingam, John Watkiss, Michael Allred, Vince Locke, Alec Stevens, Tony Harris, Steve Leialoha, Dany Vozzo, Dave Mckean
Traduzione: Pasquale Ruggiero, Francesco Cinquemani
Magic Press, 1996
168 pagine, colori, brossurato
Note:
- Walter Benjamin descrive efficacemente il senso profondo del racconto orale come creazione e comunicazione di esperienza: “Il narratore prende ciò che narra dall’esperienza — dalla propria o da quella che gli è stata riferita -; e lo trasforma in esperienza di quelli che ascoltano la sua storia”. Cfr.: Walter Benjamin, Il Narratore, Einaudi, 2011, pag. 19. [↩]
- Cfr.: Hy Bender, The Sandman Companion, Titan Books, pag. 182. [↩]
- “Innanzitutto, il mito ci richiama e proietta in un altro mondo. In secondo luogo, il mito ci rammenta che c’è sempre qualcos’altro, qualche cosa altra, da dire o da immaginare. Terzo, il mito […] dà espressione all’altro, a quegli individui e a quelle cause che sono esclusi dalla gerarchia presente”. Laurence Coupe, Il Mito — Teorie e storie, Donzelli editore (1999), pag. 153. [↩]
- Cfr. Ramadan in Favole e Riflessi. [↩]
- Uso “prima” e “dopo” con una certa leggerezza, nonostante le considerazioni temporali non siano semplici: si veda in questa raccolta il fatto che Jim, narratrice di Hob’s Leviathan, e Charlene e Brant considerano “presente” rispettivamente gli anni 1910 e il 1994. Si può complicare a piacimento lo scenario con modelli di Terre parallele, espliciti in The Golden Boy, ma non è punto di particolare interesse. E probabilmente l’accenno a Terre parallele è un’allusione ironica agli inestricabili multiversi supereroistici. [↩]
- Cfr.: Neil Gaiman, Yoshitaka Amano, Cacciatori di Sogni, Magic Press (1995), pag. 161. [↩]
- Altri particolari hanno idealmente un valore simmetrico, assumendo un significato preciso per i narratori e meramente evocativo di meraviglia per noi. [↩]
- Il primo potete leggerlo a questo indirizzo: www.lospaziobianco.it/24813-guardare-sandman-preludi-notturni [↩]