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"la luce che brilla il doppio dura la meta' ": morire giovani, in musica

Creato il 24 luglio 2011 da Alessandro @AleTrasforini

Deve esserci una qualche regola secondo la quale, prima o poi, il genio eccessivo sfoga nella sregolatezza e nella devastazione tutta la sua potenza e prepotenza espressiva ed artistica. Esiste una legge ancora sconosciuta per cui, forse, al sopraggiungere di una certa età è necessario morire per diventare leggende eterne e mai appieno comprese.  Le stelle maledette, nella storia della musica, hanno spesso aperto ed inaugurato generi o contaminazioni interessanti per il panorama nel quale esercitavano un'arte.  Incerti nel vivere, probabilmente per via di anime genialmente instabili, alcuni fenomeni hanno preferito trascorrere x giorni da leone anzichè molti di più da pecora.  E' opportuno perdersi ed esagerare per rinnovare di volta in volta la propria vena di creatività o di misteriosa ispirazione artistica? E' necessario doversi distruggere dentro e fuori per rimanere a galla in un mondo che cambia troppo velocemente per lasciare ad artisti fragili come diamanti le possibilità di esprimere a fondo tutta la loro (pre)potenza artistica?  La maledizione dei 27 anni come età di transizione risuona come un contrappasso ineluttabile per chi vive o viene fatto vivere ad una velocità insopportabile ed inarrestabile.  Il successo arriva, ti solletica e ti danneggia. Avanzando indisturbata ed ineluttabile, la fama si scopre di volta in volta sempre più pericolosa per l'anima creativa o vibrante di chi sceglie o prova a fare Arte. Attribuirono a Jimi Hendrix una frase capace di rispecchiare appieno questa (auto)distruzione che giunge nelle vite di certi fenomeni, forse designati o selezionati in base a qualche regola misteriosa: 
"La luce che brilla il doppio dura la metà."
Risiede forse qui parte del segreto? Produrre e dare tanto equivale a doversi distruggere prima del proprio tempo?  Non è possibile essere lumicini ma brillare continuamente con la stessa intensità?  Il mistero delle morti premature in ambito musicale ed artistico è un argomento tutt'ora dibattuto ed affascinante, sotto moltissimi punti di vista.  Dopo la scomparsa di Amy Winehouse, anch'essa avvenuta a 27 anni, ritorna lo spettro della vita percorsa a mille all'ora. Altrettanti artisti, magari dopo una giovinezza trascorsa tra eccessi e luci detonanti, sono scomparsi a questa età: da Janis Joplin a Jimi Hendrix, fino ad arrivare a Jim Morrison e Kurt Cobain.  Questi sono solo alcune delle stelle che, brillando forse troppo intensamente, furono costrette ad eclissarsi dopo pochissimo tempo. Rimangono, comunque, immortali e capaci di rievocare atmosfere magiche e particolari.  Rimangono, anche, noti al mondo come leggende che non hanno saputo esprimere appieno tutto il loro potenziale.  Il confine tra anima ed arte è molto fragile, specialmente per chi non è abbastanza forte per sopravvivere dentro un carrozzone così devastato ed istantaneo come quello della musica.  Lunedì sei qualcuno, essendo ben consapevole che martedì potresti già essere diventato nessuno.  E' un pò questo quel fulcro musicale che, nella modernità, è stato esasperato e trascinato a livelli insostenibili per chiunque. Ciò che dai può non bastare, perchè potrebbe sempre arrivare qualcun altropiù vendibile di te a soffocarti artisticamente.  I motivi di tali premature scomparse non sono spiegabili esclusivamente per ragioni dovute al mercato od ai folli ritmi della discografia; eccessi ed abusi contribuiscono, inevitabilmente, a fare il resto del lavoro sporco.  La storia lascia in consegna agli artisti la necessità di essere esempi, modelli positivi ed ispiratori per la società intera.  La musica è una sola, con un mondo che ha regole spietate e spesso oscurate per rendere il personaggio discograficamente vendibile. Succede così che una ragazza con una voce incredibile si ritrova, a neppure 26 anni, ad avere un patrimonio quantificabile in oltre 10 milioni di dischi venduti. Sei celebrata da un folto pubblico, salvo essere fischiata qualche tempo dopo perchè ubriaca e stanca non riesci ad esibirti come dovere recita.  Incapaci di scendere a patti con la normalità, certe anime finiscono con il diventare stelle sempiterne bruciandosi tra eccessi e bisogni di considerazione, notorietà o semplice aiuto.  I proclami ed i "se avessi saputo" funzionano pochissimo, per individui condannati ad arrivare nel firmamento prematuramente. Vendere 10 milioni di dischi per poi morire, probabilmente sola, per un cocktail di droga ed alcool. Il mondo è capace anche di questo, a patto di avere prodotti discograficamente vendibili ad uso e consumo di platee affamate.  Salvo poi, a ciclo finito, cercare di riabilitare un'anima ormai compromessa inneggiando a scandali e brutte figure sul palco.  Il paradosso, alla fine dei conti, è molto più semplice del preventivabile: essere famosi ma tremendamente soli.  Basti leggere un frammento tratto dalla canzone Rehab, cantata da Amy Winehouse nel 2008:
"[...]non voglio bere mai più/ ho solo bisogno di un amico/ non passerò dieci settimane qui mentre tutti pensano che/stia in via di guarigione [...]"
Servono poche cose ad anime fragili ma sensibili. Servono pochi affetti, ma stabili e funzionali al rendere meno precario il loro equilibrio nel mondo.  Od almeno credo.  Al di là dei 27 anni a suggellare una vera o presunta maledizione, rimangono spesso troppi dubbi a corredo di vite spezzate come queste.  Cosa ne sarebbe stato di loro se [...]? Quanto avrebbero avuto ancora da dare artisticamente al mondo?  Domande, troppe domande.  Ciò che è certo è che, brillando il doppio, si diventa più facilmente eterni.  Che la Terra vi sia lieve, a tutti voi. Anime troppo fragili. 

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