La luce e i colori della Serenessima. Ballo Venezia degli Anagoor fa rivivere l'arte preziosa di Mariano Fortuny

Creato il 26 febbraio 2011 da Robertoerre

Splendore, fortuna, luce, riflessi d’orati sulla Serenissima. Venezia, luogo di fasti e ricchezze. E’ qui che Mariano Fortuny i de Madrazo, celebre pittore e scenografo d’origini spagnole, si distinse per talento e immaginazione, lasciando tracce indelebili del suo talento. Un artista innovatore fautore di una ricerca scientifica approfondita sui rapporti tra luce, dispositivi speculari e tempi di esposizione. Tra i primi a sperimentare le diapositive colorate, Fortuny rivoluzionò le scenografie teatrali della Fenice di Venezia e di altri teatri. Seppe rivoluzionare i sistemi d’illuminazione del palcoscenico e allestì l'intero ciclo wagneriano dell'Anello dei Nibelunghi in un unico spettacolo, folgorato da Wagner dopo un viaggio a Bayreuth. Fortuny operò una vera e propria riscoperta dei costumi autentici dell'antica Grecia che disegnò sui modelli originali per Isadora Duncan.
I suoi costumi s’ispiravano ai disegni orientali degli arazzi medievali e ai dipinti del rinascimento veneziano, dove traeva motivi per le sue stoffe, i suoi costumi teatrali e i suoi abiti alla moda.  A diciotto anni si trasferisce a Venezia, dove inizia a frequentare i circoli accademici e i cenacoli artistici internazionali: tra i suoi amici Gabriele D'Annunzio, Hugo von Hofmannsthal, la marchesa Casati, il principe Fritz Hohenlohe-Waldenburg.

Nell’ultimo periodo della sua vita visse nella sfarzosa dimora di San Beneto, denominato anche Palazzo Fortuny, una delle sedi dei Musei Civici Veneziani, magnifico esempio di architettura gotica, dove il gruppo teatrale degli Anagoor ha messo in scena la sua perfomance “Ballo Venezia”, (l’ultimo di quattro episodi di “Fortuny”), suadente danza che fa da coreografia a un racconto d’immagini evocative. “Le immagini iniziali fanno parte di un percorso di rappresentazione del volto, della figura umana nell'arte greca. In ordine anche cronologico. Dall’arcaico alle forme compiutamente classiche ai movimenti espressivi della più tarda arte ellenistica – spiega il regista Simone Derai – e sono i volti di Korai e di Kouroi, scelti come aggancio alla molteplicità di riferimenti artistici di Mariano Fortuny, in particolar modo al doppio filo con cui il suo sguardo cuce le Venezia antiche all'oriente. Il gotico medievale di Venezia è continuamente intessuto di rimandi grecizzanti, romani e islamici e in Fortuny queste vie sono rilette tutte in modo del tutto originale, ora lasciando emergere di più il romanticismo di stampo nordico, ora di più i labirinti cretesi” Il regista del collettivo degli Anagoor crea un collegamento con il nostro presente, quando dice che “nei giorni dei crolli di Pompei, sollevare lo sguardo su quei volti è come rivolgere un ultimo sguardo a volti cari che stanno per essere perduti. Di qui la vicinanza con i volti sfigurati dei giovani inviati al macello proprio della Prima Guerra Mondiale (allo stesso conflitto fanno riferimento le foto di Venezia di Fortuny). Le immagini della Venezia ferita e i tentativi di proteggerla arrivano dall'Archivio fotografico di Mariano Fortuny che era incaricato perché Catalano, e quindi neutrale, di sovrintendere ai lavori di protezione dei beni e poi anche nel dopoguerra di sovrintendere ai patteggiamenti per restituzione e danni. Sono una testimonianza pazzesca di sforzo e tensione epici anche abbastanza vani in alcuni casi”.

Un accostamento tra reperti di statue greche e i volti sfigurati dei giovani militari. Una commistione di sacro e profano dove appare Venezia e la sua luce che si riflette sull’acqua della laguna, sui palazzi signorili. Evocazioni suggestive e cronache della vita veneziana, come la distruzione delle gondole risalente al 1507, raccontato dallo storico dell’arte André Chastel: “Tutte le gondole in Canal Grande furono fracassate. Il mattino seguente, Venezia risvegliandosi, ammutolì di fronte allo scempio, cattivo presagio”. Gli Anagoor hanno inteso così costruire per stratificazioni e comparazioni, riunendo per simboli, immagini, metafore, iconografie visuali, movimenti coreografici rallentati e meditati. Sullo sfondo una divinità dorata, dea pagana elevata a culto ispirato a devozione, attorniata da vestali funeree, danzatrici in cerchio come una ruota che gira mossa da moto perpetuo. Sulla scena compaiono i perfomer maschi coperti dai loro cappucci di felpa che nasconde i visi, e si muovono nel loro lento rituale con le braccia rivolte verso un orizzonte infinito. E’ il loro “costume di scena” a dimostrare come l’abito di un giovane della nostra epoca, riveli la necessità di guardare avanti, aprire al futuro, cercare nuove strade da percorrere.

Senza rinnegare il passato e le tradizioni secolari. Lo stile è quello degli Anagoor, elegante, raffinato, cifra stilistica che riunisce estetica e studio filologico.  Non è importante valutare l’esito del cite specific realizzato, ma ciò che sta dietro al progetto drammaturgico che indaga come un archeologo fa nello scavare per riportare alla città antiche. Lo sforzo degli Anagoor è di non sottrarsi alle tensioni che attraversano la nostra società contemporanea. Ascesa e caduta rovinosa di una civiltà sempre più degradata e degradante, rovine e macerie seppelliscono il diritto e la legalità, Pompei è una metafora di questa involuzione. C’è un barlume di speranza nella luce dorata che traspare nella messa in scena vista a Venezia. Città della luce resa immortale dai dipinti del Tiziano e del Tintoretto. La luce dei maestri come il Canaletto e il Giorgione al quale gli Anagoor sono legati da sempre per identità geografica e culturale e per aver dedicato alla sua figura di straordinario artista, un progetto scenico culminato con la creazione di “Tempesta”. In “Ballo Venezia”non c'è adulazione né compiacimento in quello che fanno, mentre traspare un’incessante ricerca di senso. In perenne progressione con l’intento di sfoltire in seguito il progetto che avrà un esito finale nell’estate 2011, quando sarà presentato compiutamente, grazie alla collaborazione di Teatro Fondamenta Nuove, Fondazione Musei Civici di Venezia, Centrale Fies e Operaestate Festival Veneto.

Roberto Rinaldi


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :