La macchina del fango e quel tavolo da far saltare

Creato il 13 agosto 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Nella strategia militare come nei tatticismi politici esiste sempre un "piano b". E' quel programma d'azione cui bisogna ricorrere allorquando l'originaria strategia subisce una più o meno significativa battuta d'arresto. La condanna emessa dalla Corte di Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi ha costretto il Pdl all'adozione del "trattamento B.", ove la B finale, stavolta, ha il pregio di abbreviare il nome dell'imputato e la ragione sociale, l'autentico collante, dell'intera struttura politica pidiellina. In cosa consiste? Molto semplice, è un programma realizzabile da qualunque lettore, a patto che sia editore di svariate testate giornalistiche e proprietario di molteplici reti televisive. Dunque: prendete un ventilatore, immergetelo nel fango e trovate un opinionista compiacente disposto con solerzia a costruire articoli infamanti. Il gioco è fatto: basterà accendere il ventilatore e una brezza calunniosa colpirà il malcapitato di turno, sia esso un magistrato di alta statura morale, un giornalista indipendente, un giudice super partes, una figura istituzionale o direttamente l'inquilino del Colle. Poco cambia, l'iter è sempre il medesimo. Basta tornare indietro con la memoria, ai tempi del maxi-risarcimento Mondadori, per ricordare l'inchiesta condotta da Studio Aperto sul giudice Mesiano, pedinato per giorni da un brillante segugio di Italia Uno nell'intento di scoprire qualche grave ombra sull’integerrima figura di un funzionario pubblico poco incline ad abbassare la cresta. Non avendo trovato escort, trans o case a Montecarlo, il povero redattore dovette arrangiare un pezzo allarmista sui calzini turchesi del togato. Seguì un putiferio per lo scoop degno di Signorini.
Naturalmente analogo trattamento è stato riservato ad Esposito, il quale - bontà sua - vanta quell'ingenuità e quella smania di protagonismo partenopeo che lo spingono ad ammiccare agli organi d’informazione. Così si segue un rituale collaudato: altra sentenza, altro reportage. Il Giornale del graziato manda un inviato sul campo, un professionista discreto, disposto ad andare nella trincea della vita quotidiana del giudice pur di scoprire, udite e udite, che ama bivaccare nel tempo libero, in veranda o chissà dove, leggendo La Repubblica o il Fatto Quotidiano. Ora, un'intervista galeotta non giustifica il rovesciamento delle parti, in un virtuale gioco degli specchi: si processa malamente chi ha amministrato la giustizia, nel tentativo di tutelare chi impunemente ha cercato fino all'ultimo di soggiogarla. E temendo le patrie galere per la scure calata con la conclamata frode fiscale, un intero partito avverte la forte tentazione di rovesciare il tavolo in un'ultima ordalia, ispirandosi alla narrazione biblica che vuole la morte di Sansone accompagnata da quella di ogni filisteo. A questo siamo: alle interviste d'assalto nei confronti di incauti edicolanti, alle minacce dirette al Quirinale sulla stabilità dell'Esecutivo, nuovo totem - quest'ultimo - negli anni della crisi. Il tutto avviene nel coro quasi unanime della grande stampa, un'informazione che per prima ha raccolto lo sconcio invito alla pacificazione nazionale. Quasi che anni di abusi, di leggi ad personam, di sistematica illegalità incostituzionale, potessero cadere improvvisamente in prescrizione per effetto di una Cirielli etica. No, non funziona così. Il Cavaliere è un esperto illusionista, ma la partita è finita, salvo cambiare casacca e giocare nella sua squadra. C'è una sentenza definitiva ormai emessa e, come ha spiegato bene Severgnini analizzando la confusione dei corrispondenti stranieri, in un sistema democratico il potere politico amministra e quello giudiziario giudica. Soltanto Napolitano può intaccare l'ingranaggio. Questo, francamente, ci spaventa.
G.L.

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