Quello che mi stupisce, nell’assurda vicenda pre-elettorale tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia, non è tanto l’incredibile accusa lanciata dall’attuale sindaco meneghino al suo principale sfidante: di questo se ne stanno occupando praticamente tutti i media e gli opinionisti d’Italia, soprattutto a livello politico.
I fatti nudi e crudi: davanti alle telecamere di SkyTg24, in un confronto in stretto regime di par condicio – anche temporale - tra i due maggiori candidati a sindaco di Milano, Letizia Moratti (nell’ultimo spezzone a lei concesso, dunque in modo da non dare l’opportunità al contendente di rispondere per difendersi) ha accusato Pisapia di essere stato ritenuto responsabile dalla Corte d’Assise di un furto d’auto, reato poi estinto grazie a un’amnistia.
Quello che ha veramente dell’incredibile, dicevo, è che al primo cittadino di Milano si siano subito accodati i principali giornali d’area senza uno straccio di verifica, come prevederebbe quanto meno il codice deontologico del settore, e anzi rilanciando la versione morattiana amplificandola con la cassa di risonanza dei rispettivi siti web (e oggi delle prime pagine delle versioni in edicola, pur con qualche necessario distinguo).
In prima fila, neanche a dirlo, il Giornale di Alessandro Sallusti, evidentemente non pago delle conseguenze nefaste (d’immagine e di organico) della tragicomica pantomima dell’affare-Boffo, datata solo pochi mesi fa, e deciso a ridare slancio a una campagna elettorale milanese un po’ appannata per il centro-destra. Questa versione dell’home page è durata, a dire il vero, solo qualche decina di minuti, salvo poi essere sostituita in fretta e furia con altre generiche accuse relative a presunte “cattive frequentazioni di gioventù” di Pisapia, nel tentativo di screditarlo come candidato non moderato.
Solo che, sfortunatamente per la redazione online, lo screenshot non mente e ha immortalato – potenzialmente per sempre – questo capolavoro di falsità e malafede giornalistica. Che inizia già dalla prima riga del titolo: “Pisapia-Moratti, volano i coltelli“. Poche parole che da una parte danno l’idea che si sia trattato di uno scambio reciproco di accuse (falso, come è noto l’unica è quella della Moratti) e dall’altro instillano il dubbio, con la semplice disposizione delle parole, che a cominciare il tutto sia stato il candidato della coalizione di centro-sinistra (altro falso, come si evince facilmente dal video di cui sopra).
Considerazioni deboli, obietterà qualcuno, dunque passiamo oltre, alla seconda riga del titolo: “Le carte danno ragione al sindaco“, ovvero alla Moratti. Altro falso, questa volta decisamente più grave e consistente, probabilmente ben saldo dentro i limiti della diffamazione. Sempre dal video di SkyTg24 si possono facilmente trascrivere le parole del primo cittadino uscente:
“[Pisapia, ndK] è stato dalla corte di Assise giudicato responsabile di un reato, il reato di furto di un veicolo che doveva essere un veicolo per il sequestro e il pestaggio di un giovane. Corte di Assise, sentenza della Corte di Assise. Giudicato responsabile e amnistiato. L’amnistia non è assoluzione“
Dunque, per la Moratti, Pisapia sarebbe stato ritenuto colpevole del reato, poi amnistiato ma mai assolto del tutto. E, secondo il Giornale, “le carte danno ragione al sindaco”. Quali carte? Lo stesso Pisapia, sul suo sito elettorale, spazza via i dubbi sulla vicenda e pubblica i documenti originali in formato pdf, liberamente scaricabili e consultabili in modo che ognuno possa farsi un’idea diretta del reale svolgimento dei fatti.
Per i pigri, invece, questa è la sintesi: convinto della sua assoluta estraneità ai fatti, come un qualunque cittadino deciso a farsi riconoscere innocente fino in fondo senza usufruire di scorciatoie, Pisapia ha presentato – nonostante l’amnistia che, di fatto, lo liberava da qualsiasi eventuale pena – un appello contro la precedente sentenza.
L’appello, accolto dalla III Corte d’Assise d’Appello di Milano nel procedimento n.76 del 1985, ha assolto Giuliano Pisapia per non aver commesso il fatto. La sentenza recita infatti, alle pagine 1562 e 1563: “In conclusione non vi è prova – né vi sono apprezzabili indizi – di una partecipazione del Pisapia, sia pure solo sotto il profilo di un concorso morale, al fatto per il quale è stata elevata a suo carico l’imputazione di furto, dalla quale l’appellante va pertanto assolto per non aver commesso il fatto”. La sentenza di assoluzione con formula piena (all’epoca il codice penale prevedeva ancora la formula dubitativa dell’assoluzione per “insufficienza di prove”) è passata in giudicato ed è quindi da ritenersi definitiva.
(il sottotitolo, invece, meriterebbe un post a parte per l’involontaria comicità di quella formulazione “assolto solo in seguito“, come se un’assoluzione definitiva con formula piena non cancellasse di fatto le conclusioni dei gradi di giudizio precedenti. Solo che non c’è niente da ridere.)