Bastien Vivès mi dà l'idea di essere un ragazzo ipersensibile, di quelli nella cui mente le esperienze di vita si amplificano e le emozioni scavano in profondità.
Per questo non deve aver avuto una vita relazionale facile, e i suoi graphic novels lo dimostrano ampiamente.
La macelleria è forse il più crudo e il più disperato. Non che in Il gusto del cloro, Polina e Nei miei occhi emerga una visione ottimistica delle relazioni umane, la cui bellezza è quasi sempre limitata a brevi momenti, però nei lavori citati c'è una qualche sotterranea leggerezza, una specie di speranza, di amore per l'umanità che danno respiro a storie che decisamente non puntano sul lieto fine.
In La macelleria la leggerezza evapora per lasciare posto alla violenza dei sentimenti, al circolo vizioso degli incontri e degli allontanamenti, dell'amore e dell'odio, della gioia e del dolore, in cui i protagonisti sembrano totalmente intrappolati.
Inoltre, per la prima volta negli albi di Vivès, trovano posto ne La macelleria l'elemento metaforico, immaginifico e un po' surreale, che producono un effetto piuttosto straniante e spiazzante.
L'enfant prodige del fumetto francese continua a sorprendere, dunque, sia per le sue qualità tecniche (è straordinaria la sua capacità di rappresentare la fluidità del movimento, nonché la varietà dei sentimenti attraverso le espressioni del volto e del corpo) sia per l'originalità delle sue storie e delle sue letture del reale.
La macelleria non è il mio preferito tra i suoi lavori, ma a questo punto non posso perdere nessuno dei passaggi del suo percorso.
Voto: 3/5