La Madonna degli zingari

Creato il 30 marzo 2010 da Casarrubea

zingari room

Un avviso innocuo, inavvertito, all’ingresso dei magnifici portoni di ferro battuto o in legno scolpito. In magiaro e non capisci. Ma se ti trovi a Budapest ed esci per le strade di certi quartieri la vigilia di San Giuseppe, trovi uno spettacolo insolito. Cataste di legno e di arredi vecchi ammonticchiati lungo le strade,  cornici segnate dal tempo, libri che trattano chissà che cosa e di quali epoche, lavandini, poltrone e salotti fuori uso. E poi frigoriferi d’epoca, lavabiancherie arrugginite, vasche da bagno, fili di corrente elettrica, ecc. ecc. E tonnellate di polvere che si alzano alte a mano a mano che gli oggetti vengono depositati o buttati giù uno sull’altro. Tutti in una stessa notte, la vigilia di San Giuseppe.

Pensi alle luminarie che in Sicilia sono frequenti in molti comuni, giusto quella notte. Sono l’addio pagano all’inverno e un canto di benvenuto alla primavera che nasce. Solo che questa volta la data della ricorrenza del santo non ha niente a che fare con gli antichi riti contadini che celebrano il superamento della congiuntura dell’anno trascorso e pare non c’entrino nulla con i fuochi di primavera., che ho visto il primo maggio in Svezia, duecento chilometri sopra Stoccolma. Il santo protettore dei lavoratori in Ungheria non gode di grande seguito, al contrario delle Madonne che si trovano in tutte le loro funzioni, di madri addolorate, infiammate d’amore per il proprio figlio, di trafitte dall’amore o dal dolore per la bontà o la cattiveria del prossimo. Sono madri con o senza giglio, con o senza bambino in braccio.

Quando le cataste di rifiuti sono pronte iniziano le trattative all’aperto su cui gli zingari  non fanno poi tante questioni. Vendono ai migliori offerenti, smaltiscono quello che possono. Alla fine, caricano tutto su furgoncini malandati e vanno a scaricare “la merce” chissà dove. Le operazioni di ripulitura generale durano un’intera giornata. L’indomani, come per incantesimo, non rimane più traccia alcuna di quel mondo surreale e da incubo.

Lo stesso rito si ripeterà, mi dicono, in altri quartieri, in altri giorni.

La giurisdizione che si impone su tutte quelle macerie che nessuna persona di buon senso acquisterebbe mai neanche se la pagassero, non appartiene al Comune di Budapest, e neanche all’amministrazione del quartiere. E’ degli zingari. Gente povera, ma educata, civile, anche se poco colta e dalle maniere non sempre urbane. Attraversi le strade e nell’incuria generale trovi i nuovi possessori delle masserizie. Sono bene organizzati. Uno o due si impadroniscono materialmente di quei miseri resti e fanno da guardia per evitare che qualche passante si appropri di qualcosa. Li guardi, li senti parlare e ringrazi il cielo che ci sono loro a sobbarcarsi quel lavoro infame, forse senza ricevere un centesimo da nessuno.

Penso che nella miseria più squallida anche i più poveri, quelli che chiamiamo zingari o room o in chissà quale altro modo, abbiano una loro Madonna. (GC)