Maria Sofia a Gaeta .1861
L’augurio ( che si è avverato) ai Savoia di Maria Sofia, regina del Regno delle Due Sicilie.Che non ci sia stata una unificazione dell’Italia da parte dei Savoia, ma una annessione è cosa certa. Tra le abitudini era anche quella di annettere i capitali dei vinti, con modalità diverse in base alle sensibilità dei governanti o regnanti. Il comportamento dei Savoia nei confronti dei capitali dei Borboni è ben descritto in questa intervista che Maria Sofia, ultima regina del regno Delle Due Sicilie, rilasciò nel 1924 un anno prima di morire all’età di 83 anni.
“…che don Giovanni Rossi, che era impiegato della Casa Reale nostra, e che aveva la custodia del borderò di quattro milioni di ducati ( 76 milioni di euro), proprietà privatissima di mio marito (Francesco II detto francischiello NdB), si a andato subito a presentarlo al Garibaldi, appena costui entrò a Napoli ( 7 settembre 1860, con grandi trionfalismi a leggere le cronache del tempo NdB), per farsene merito, non mi meraviglia; che il Garibaldi, lo abbia subito
confiscato insieme al borderò degli altri principi borbonici, neppure questo mi meraviglia; i rivoluzionari hanno sempre fatto così con i re caduti. Ma che i Savoia Ma che i Savoia, dopo che ebbero annesso il Regno di Napoli, non abbiano sentito il bisogno di di usare un po’ di riguardo ai Borbone, che erano stai re legittimissimi, come loro, questo è ciò che ancora oggi, dopo tanti anni mi fa meraviglia. Vittorio Emanuele lo sapeva pure che quei quattro milioni di ducati provenivano dalla dote della madre di Francesco II, venivano dalla eredità di Maria Cristina di Savoia, erano il frutto della vendita dei beni allodiali del primo ramo dei Savoia, in Piemonte, e di palazzo Salviati, a Roma.
E sapeva bene che la villa di Caposele, a Mola, non aveva nulla a che fare con i beni della corona, con i palazzi reali di Portici e Capodimonte, per esempio; ma era stata proprietà personalissima di Re Ferdinando e da questi lasciata a Re Francesco, mio consorte, in testamento, proprio in testamento, come bene libero. Ma non fece nessuna distinzione, neppure lui, come il Garibaldi. Fu un re che si comportò con noi come un rivoluzionario, e ciò non è un bene. La repubblica francese fu molto più signora con gli Orleans di quanto sia stato il regno d’Itali con noi… E ora voi mi dite che i figli del re d’Italia sono sani e belli e che si godono la vita. Io ne sono felice e auguro loro ogni bene. Ma il modo in cui hanno trattato noi è di brutto augurio. Dio non voglia che un giorno anch’essi, non abbiano da difendere, dall’esilio i loro patrimoni personali…”
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