“Quattro cameriere prenotano, tramite un’agenzia di viaggi di Monaco di Baviera, una vacanza sull’isola di Gran Canaria. Al loro arrivo, trovano un albergo abbandonato gestito esclusivamente da un uomo misterioso ed un giardiniere guardone. Le ragazze trascorrono così le giornate dedicandosi al sesso saffico ed a pavoneggiarsi in spiaggia. Tuttavia qualcosa di strano sembra avvolgere il posto ed una dopo l’altra vengono rapite da una misteriosa setta di monaci zombie…”
Le incredibili premesse della vicenda, simile alle storie autoconclusive di molti fumetti erotici-horror del periodo, divengono pretesto essenziale per la rappresentazione dei consueti temi cari al regista madrileno: belle donne seminude, uomini sadici e violenti (le sequenze tra Antonio Mayans ed Eva Leòn, rispettivamente marito-carnefice e moglie-vittima, sono in questo senso più che esaustive), amore lesbico, paesaggi intrisi di arcani misteri ed un totale disinteresse nei confronti del logico susseguirsi degli eventi narrati.
Si aggiunga un’oscura sensibilità visionaria (si cita sottopelle il capolavoro del maestro She Killed in Ecstasy/Sie tötete in Ekstase), che sfrutta al meglio le poche location disponibili e trasforma il labirintico hotel “Tropical” nel vero protagonista scenico della pellicola.
Ad accompagnare, come sottile fil rouge, l’onirico susseguirsi delle vicende sarà un’inafferrabile ed enigmatica melodia, frutto di una bizzarra miscela di canti gregoriani e partiture elettroniche, firmata dal maestro Pablo Villa (in realtà sempre il regista!).
Il film, conosciuto sul mercato internazionale col titolo Mansion of the living dead, è in conclusione puro Jess Franco al 100%. Prendere o lasciare in blocco.
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