La matematica delle rivoluzioni

Creato il 09 marzo 2011 da Stukhtra

Dal laboratorio alle piazze

di Ginevra Sanvitale

La recente ondata di insurrezioni popolari in Medio Oriente ha portato a un totorivoluzione che neanche le vecchine al Bingo. Quale sarà il prossimo Paese a ribellarsi? Il Marocco? La Giordania? L’Iran? Nemmeno la Political Instability Task Force, creata dai cervelloni della CIA nel 1994, è in grado di dirlo: i modelli hanno un discreto successo nelle simulazioni di eventi storici, ma non riescono a prevedere il futuro a causa della moltitudine di fattori concorrenti e della complessità delle loro interazioni. La presenza di elementi critici potrebbe portare con buona probabilità allo scoppio di una rivoluzione, ma potrebbe anche collassare producendo un nulla di fatto. Tuttavia la scienza, ancora una volta, ci tende la mano: a quanto pare ci sono buoni margini di miglioramento nella previsione delle insurrezioni. Basta trovare lo schema giusto: quello che ci mostri il comportamento collettivo delle popolazioni.

Un'infografica basata sui tradizionali fattori-chiave che scatenano le insurrezioni popolari. (Cortesia: Elefint Designs)

Yaneer Bar-Yam, fisico e presidente del New England Complex Systems Institute (NECSI), si occupa da tempo della questione. Nel 2007 un suo lavoro pubblicato su “Science” spiegava il collegamento tra le rivolte etniche e la grandezza dei gruppi che se ne rendono protagonisti, individuando una certa soglia del numero di persone oltre la quale esplode il malcontento.

Oggi invece Bar-Yam ci fornisce un’ulteriore chiave di lettura in uno studio pubblicato su arXiv. Il modello parte dallo studio dei meccanismi che portano allo scatenarsi delle crisi economiche e afferma che è possibile una generalizzazione dello schema individuato come indicatore delle crisi in generale, il cui punto centrale è la tendenza all’imitazione dei comportamenti altrui, che porta all’aumento del nervosismo e, di conseguenza, del panico generato da una data situazione.

Marten Scheffer, studioso di sistemi complessi presso l’Università di Wageningen, in Olanda, sta avviando una ricerca più approfondita sui sintomi delle crisi sociali, focalizzata non su ciò che le farà scoppiare (come avvenuto in passato), ma su come si arrivi al rischio esplosione. “Non possiamo prevedere la scintilla”, dice, “ma possiamo sapere quando una foresta è diventata troppo grande”.

Insomma, forse il termine “rivoluzione scientifica” potrebbe avere da oggi un nuovo significato.

Dion Harmon, Marcus A. M. de Aguiar, David D. Chinellato, Dan Braha, Irving R. Epstein, & Yaneer Bar-Yam (2011). Predicting economic market crises using measures of collective panic arXiv arXiv: 1102.2620v1


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