La Meccanica del Cuore e i Suoi Deboli Ingranaggi

Creato il 12 marzo 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Francesca Calì

«Love is dangerous for your tiny heart even in your dreams, so please dream softly». Basta dare un’occhiata fugace alla copertina de La meccanica del cuore per accendere una burtoniana curiosità nel passante distratto; le scale di grigi su cui si staccano nettamente i colori accesi e allo stesso tempo tetri, fanno presagire una scorpacciata di cupa favola e, in effetti, le prime pagine del romanzo non tradiscono questa aspettativa. È «il giorno più freddo del mondo», così freddo che le lacrime cadono giù infrangendosi come «perle di una collana spezzata» mentre il paesaggio si tinge dei toni del grigio e dell’argento; così freddo da catturare su una pellicola di ghiaccio l’ultimo respiro del mondo, mentre «solo gli orologi continuano a far battere il cuore della città come se niente fosse». Dal ghiaccio di questo giorno più freddo del mondo nasce il protagonista, Little Jack, e la sua storia d’amore scandita dal ticchettio di un orologio arrangiato così da fare le veci del cuore; uno «strumento meccanico con delle emozioni all’interno» come un piccolo organo di Barberia. Non toccare le lancette, dominare la rabbia e non innamorarsi mai sono le uniche prescrizioni perché il cuore funzioni e la magia delle ore lo faccia pulsare. Questa la formula di Madeleine, la sua creatrice un po’ strega un po’ dottore, a cui piace prendersi cura del cuore della gente «mettendone a punto la meccanica o prendendosi il tempo di parlare». La vita però non tiene conto della complessa fragilità degli ingranaggi e finisce per soccombere all’amore che riesce a toccare anche il cuore di legno e rotelle di Jack, attraverso la voce di usignolo di Miss Acacia. Fin qui gli ingredienti della favola gotica ci sono tutti. L’autore del romanzo edito da Feltrinelli e tradotto da Cinzia Poli è Mathias Malzieu, voce (quella del gruppo rock dei Dionysos) prestata alla penna, in cui si serve del linguaggio per dipingere come con un pennello, una storia a cui dà più immagini che suoni.

Infatti, nonostante l’esercizio di stile riesca a fare immergere il lettore in una cupa atmosfera di cristallo, pian piano viene a mancare la narrazione, o per lo meno la si perde tra una ricercatezza linguistica e l’esigenza di infondere una morale. L’inizio promettente del racconto catapulta chi legge dentro un’idea che il francese potrebbe condividere con Tim Burton (come sottolineato peraltro in copertina), ma man mano che le pagine scivolano via, viene meno il tono fiabesco, l’astrazione fantastica. Le descrizioni a volte troppo lucide delle condizioni cliniche di Madeleine, o troppo realisticamente erotiche degli incontri amorosi dei protagonisti, hanno il suono della sveglia che ti riporta bruscamente alla realtà proprio quando cominciavi a gustare il sogno. Il ritmo del racconto si interrompe e la favola si spezza; ma la fantasia, persino quella amorosa, necessita di più di un’immagine per accendersi, e Malzieu pecca nel voler rendere realistica l’evoluzione sentimentale di una storia che pretende invece la dimensione onirica. Nonostante il grande successo riscosso – tanto da solleticare il genio di Luc Besson per una trasposizione cinematografica – l’ultima fatica dell’autore francese (già alla terza esperienza con la scrittura) ha l’aria di essere un’opera incompiuta, sospesa tra il sogno e la veglia, che finisce per deludere tanto i pragmatici quanto gli irriducibili romantici. La fantasia del racconto visionario viene vanificata anche dalla morale esopica del messaggio che si sostituisce alla storia d’amore diventando cardine di tutto il racconto, e rendendo il francese artefice di un sogno destinato a finire molto presto.


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