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La Mediazione Familiare Obbligatoria a tutela dei bambini

Da Psychomer
La Mediazione Familiare Obbligatoria a tutela dei bambini Non c’è autore che non parli della mediazione familiare come una strategia educativa che, per essere efficace, deve essere libera, voluta e svincolata dal contesto processuale. Non vi sono dubbi riguardo al fatto che l’accesso volontario a un servizio, quindi la richiesta di aiuto, renda l’intervento decisamente più efficace. Non è detto però che con l’obbligo non si possa effettuare alcun tipo di intervento educativo. Anche nell’atto coercitivo vi è lo spazio per le scelte personali e un occasione per prendere consapevolezza e esprimere i propri bisogni.
Quando la conflittualità dei genitori diventa pericolosa per il minore la Mediazione Familiare dovrebbe diventare obbligatoria.
Le relazioni caratterizzate da alti livelli di conflittualità, possono tramutarsi tali da impedire la comunicazione e la presa di accordi comuni: più in generale, si può dire che vengono a mancare i legami familiari e il progetto di vita. Progetto di vita che era il cardine della coppia, la quale è il nucleo fondativo della famiglia, ma che con la separazione scompare o entra in crisi. Se l’educazione dei figli è espressione del progetto di vita in tutte le azioni quotidiane, come è possibile educare in mancanza di questo? Da qui si può capire come il sostegno genitoriale sia importante, ma non sufficiente. In caso di separazioni altamente conflittuali, in cui non si riesce a rielaborare insieme un nuovo progetto di vita che vada oltre la fine dell’amore, si rende necessario un accompagnamento di educazione coniugale. Mi riferisco in particolar modo alla Mediazione familiare.
La Mediazione Obbligatoria diviene infatti uno strumento, non per gli adulti, ma di tutela nei confronti del bambino che non sa difendersi rispetto a ciò che gli sta accadendo: anche questa azione farebbe parte quindi di tutte quelle pratiche che mettono al centro l’interesse del minore. Se il conflitto travolge il bambino, questo è un evento che gli provoca un danno e cioè un abuso: la Mediazione Familiare Obbligatoria è lo strumento per impedire questo abuso.
Il nome stesso “Mediazione” è seguito dall’aggettivo “Familiare”: perciò non è possibile che venga definita esclusivamente come un percorso per la coppia. La coppia è l’unità base della famiglia, ma nel momento in cui diviene generativa si apre anche ai figli. Da qui possiamo capire il motivo per cui la mediazione pervada e abbia conseguenze su tutto l’impianto familiare, in particolar modo per limitare gli eventi distruttivi che si possono ripercuotere su adulti e bambini coinvolti.
Il nodo centrale della questione è quindi l’intesa sul corretto significato da attribuire al carattere dell’obbligatorietà della Mediazione Familiare. La concreta esperienza sul campo insegna che la difficoltà maggiore nelle situazioni conflittuali che precedono e accompagnano la separazione dei coniugi non è tanto quella di individuare accordi adeguati all'interesse dei figli minori, ma piuttosto quella di ottenere che tali accordi siano effettivamente eseguiti e soprattutto sostenuti nel tempo . Perché tutto questo sia realmente possibile, occorre che l'accordo sia davvero il frutto di un consapevole e meditato processo di collaborazione e di codecisione tra i coniugi in vista dell'interesse supremo da raggiungere, vale a dire il benessere dei figli. Da tale innegabile esperienza si continua comunque a discutere se un accordo con tali caratteristiche di stabilità sia inconciliabile con una mediazione “imposta” dalla legge. E' chiaro che se il livello di conflittualità tra coniugi è bassissimo, se c'è da subito un chiaro accordo in merito all'interesse supremo dei minori, se i coniugi sono in grado di organizzare da soli le linee essenziali della nuova situazione familiare, non c'è bisogno né della mediazione né tantomeno del processo. Purtroppo quella ipotizzata è una soluzione ideale, ben lontana dalla realtà, dove invece l'unico punto fermo è la volontà di evitare al minore ogni sofferenza senza tuttavia disporre degli strumenti necessari per raggiungere lo scopo.
La principale motivazione di rifiuto di una tale pratica è la convinzione che la “Mediazione Obbligatoria” sia un ossimoro, un'antinomia, e che il successo della mediazione sia subordinato ad una profonda adesione dei soggetti che intraprendono tale percorso. Questo è palesemente in contrasto con i dati che provengono dalle esperienze straniere, non solo in Germania, ma anche in Francia e in Norvegia, dove in particolare il binomio affido condiviso-mediazione ha portato negli ultimi tre anni ad importanti risultati e alla notevole diminuzione delle separazioni giudiziali.
Bibliografia
M. L. MISSIAGGIA, Una mediazione. La mancata occasione, studiodonne.it
MAGLIETTA, L’affidamento condiviso dei figli, Milano, Franco Angeli, 2006, p.95

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