C’era una volta il derby d’Italia: Juventus-Inter. Le squadre più scudettate, con il maggior numero dei tifosi e tra le società che non avevano mai conosciuto l’inferno della serie “B”.
In realtà anche il Milan aveva le stesse caratteristiche ma la doppia caduta nella serie cadetta ne decretò l’esclusione. Come amava ricordare l’Avv. Prisco (che Dio lo abbia in gloria, nonostante la sua fede), la prima volta ci andò gratis, la seconda a pagamento.
Essendo tuttavia anch’egli interista, non era immune di errori ed infatti commentò: “In tanti aspetti, a cominciare dal modo unico in cui sa segnare, Ronaldo mi ricorda Meazza, il quale commise solo un errore: accettare il trasferimento al Milan. Sono sicuro che Ronaldo mai potrebbe essere indotto in una simile tentazione. Uno grande come lui può indossare una sola maglia: quella nerazzurra”. Stendiamo un velo.
Dopo l’Annus Orribilis di calciopoli, anche la Juventus perse la sua verginità originale e pertanto la dirigenza interista non ne riconosce più la valenza con disdegno. Da quel momento, infatti, le accuse tra le due società hanno toccato le vette più alte dell’odio, calcistico s’intende.
In realtà le cose non andavamo bene già da un po’, anche se si limitavano a mere scaramucce tecniche. Per evitare un’immane sforzo mentale che la corteccia cerebrale dell’autore non sarebbe in grado di sopportare, stabiliamo la partita del 10.06.1961 quale base di partenza.
Quella partita finì 9 a 1 per la Juventus contro l’Inter “Primavera” tra cui esordì un giovanissimo Sandro Mazzola che segnò l’unico gol interista su rigore.
Il presidentissimo nerazzurro, Angelo Moratti, aveva chiesto e ottenuto la vittoria a tavolino poiché la partita del 16.04.1961 era stata sospesa a causa dei numerosi spettatori bianconeri assisi in prossimità delle porte (lo stadio era stracolmo perché la vittoria valeva l’aggancio in vetta), ma la Juventus, facendo ricorso presso la Commissione d’Appello Federale, si era assicurata di rigiocare la partita. Per protesta, Moratti e l’allenatore Herrera, decisero di schierare la formazione Under 19.
Come se non bastasse, Omar Sivori non limitò il suo genio calcistico, cercando più volte il tunnel dei ragazzini. Le cronache raccontano inoltre che riportò il pallone al centro del campo sempre dribblando dopo aver segnato uno dei sei gol.
Quella fu anche l’ultima partita di Giampiero Boniperti che raccontò poi che la Juve non voleva infierire, ma Sivori inseguiva il Pallone d’Oro che non gli fu comunque assegnato. Il soprannome di Sivori era stranamente “Cabezon” (testone n.d.r.).
Nell’estate 1968 scoppia il caso Anastasi. L’Inter dà per scontato l’acquisto del talentuoso centravanti siculo mostrando le foto ufficiali con tanto di maglia nerazzurra. L’intervento del Presidentissimo Gianni Agnelli cambia la storia.
L’avvocato se ne era innamorato in una fredda domenica di febbraio quando il Varese (capitanato da Armando Picchi) sconfisse la Juventus con un secco 5-0 con 3 reti di Pietruzzu.
A luci spente, trattò con il Presidente del Varese Giovanni Borghi, nonché patron dell’Ignis, e strappò il giocatore pagandolo 650 milioni di lire la maggior parte di cui in motori per elettrodomestici.
L’Inter non scordò lo sgarbo ed alla prima occasione rese pan per focaccia. Infatti nel 1976 acquistò il giocatore, messo fuori squadra durante l’estate, rifilando il “vecchio” centravanti Bobo Boninsegna (33 anni n.d.r.) agli odiati avversari.
L’Inter di Anastasi vinse solo una Coppa Italia, mentre la Juve di Bobo vinse 2 campionati, 1 Coppa Italia ed 1 Coppa Uefa (1° trofeo europeo della storia juventina). Boninsegna giocò 94 partite da titolare, segnando 35 reti.
La dirigenza interista aveva già giocato un brutto scherzo alla Juventus l’anno precedente. Infatti, giocando d’anticipo, beffò l’inesperto Boniperti, andando ad acquistare il forte attaccante Giavardi dal Como. La Juve si accontentò di prendere lo sconosciuto Marco Tardelli pagandolo 800 milioni.
Anche in questo caso i fortissimi dirigenti interisti si rifecero alla prima occasione, proponendo uno scambio ai bianconeri con Aldo Serena. La Juventus lo pagò 2,8 miliardi di lire più il cartellino di Marco Tardelli valutato 3,2 miliardi.
Raccontano le cronache: Aldo Serena, nel giugno 1985 viene chiamato d’urgenza dal presidente Pellegrini mentre si trovava alla prima assoluta del concerto milanese di Bruce Springsteen. Il giocatore rimanda l’incontro a dopo il concerto di The Boss. A mezzanotte se ne va da San Siro a piedi sino alla casa, non distante di Pellegrini, che gli comunica il trasferimento alla Juventus.
Due anni dopo, dopo aver vinto scudetto e Coppa Intercontinentale, fece il percorso inverso: passò dalla Juventus all’Inter per 3,5 miliardi di lire.
“Errare humanum est perseverare autem diabolicum” avrebbe detto il poeta, ma all’Inter evidentemente non c’erano latinisti. E così nel 1982, l’Inter annuncia l’acquisto del fuoriclasse francese, di origine italiana, Michel Platinì. Disgraziatamente, il solito avvocato juventino se ne era invaghito ed ordinò un blitz all’inefficace Boniperti.
Venne inviato un aereo privato in Francia a prendere il francesino giusto il tempo di portarlo a Torino, firmare il contratto e tornare in Francia. Costo del cartellino: 250 milioni. Costo dell’aereo: Non conosciuto.
L’Inter risponde alla grande andando a prendere il talentuoso mancino teutonico Hansi Muller. Peccato che aveva già in squadra un mancino altrettanto talentuoso: l’Evaristo Beccalossi. Non paghi, vanno a prendere un altro mancino talentuoso, di origine belga: Ludo Coeck.L’Hansi Müller militò per due stagioni ma il suo contributo non soddisfece né i dirigenti, né i tifosi, né i compagni di squadra, in particolar modo Beccalossi che sportivamente affermò: « È meglio giocare con una sedia che con Hansi Muller, perché con la sedia quando gli tiri la palla addosso ti torna indietro. »
Naturalmente anche quanto succede in campo ha dato il suo contributo alla causa. Nel campionato 1997-1998, a tre partite dalla fine della stagione, l’arbitro Ceccarini non sanzionò un contatto in area dello juventino Iuliano sull’interista Ronaldo. Accordò invece, nel successivo contropiede, un rigore alla Juventus per un fallo di West su Del Piero, poi parato dal portiere Pagliuca.
Per le proteste, l’allenatore dell’Inter Simoni invase il rettangolo di gioco, gridando “Vergogna, vergogna” e per questo venne espulso. Quell’anno l’Inter di Simoni vinse la Coppa Uefa battendo la Lazio in finale a Parigi. Per questo gli fu assegnata la panchina d’oro.
Il Presidente Moratti, uomo d’onore, non dimenticò l’immolazione del proprio allenatore. Infatti, l’anno successivo, lo licenziò dopo una vittoria sulla Salernitana ed anche dopo aver battuto il Real Madrid in Champions League a San Siro per 3-1. “Non mando via gli allenatori dopo una sconfitta, sarebbe troppo facile” sentenziò Massimo, il figlio del più grande Presidente interista.
Ed arriviamo alla madre di tutte le guerre: Calciopoli 2006.
In quell’anno, la Juventus viene retrocessa in serie “B” dopo aver subito la revoca dello scudetto che viene assegnato proprio all’Inter, dopo un breve ed illuminato processo sportivo. Lo scudetto 2005, sempre vinto dalla Juve, viene revocato ma non assegnato.
La dirigenza interista, strategicamente, acquista a prezzo di sconto proprio dagli odiati avversari ormai in disgrazia, Ibra e Vieira. “E’ un sogno che si avvera, noi non saremmo stati in grado di prenderli”, dicono in coro i dirigenti meneghini.
Il Presidente Andrea Agnelli, ha giurato sul cofano della prima Duna prodotta dalla Fiat, che farà di tutto per riportare i due scudetti a Torino. “Quello dato all’Inter grida vendetta, nessuno può dimenticare che sono stati salvati da Palazzi con la “prescrizione” dei reati, i cui tempi sono stati accorciati dopo Calciopoli”.
Il resto è noto: L’Inter si aggiudica i 4 scudetti successivi, senza avversari.
Oggigiorno la Juventus è tornata a vincere con Antonio Conte, convincendo con un gioco aggressivo e tecnico. L’Inter, che pur si è tolta la soddisfazione all’andata di togliere l’imbattibilità della Juve a Torino, sta attraversando un periodo di transizione grazie alla solita oculata campagna acquisti.
L’arrivo di Cassano ha ridato verve ad uno spogliatoio troppo assennato. Stranamente, ci ha messo quasi 30 partite prima di mandare affanculo il proprio allenatore che se la prende con la spia piuttosto che con il proprio giocatore.
Nel 1974, la Juventus mandò via Gianpietro Marchetti, forte e biondo terzino sinistro, a causa di un “gossip” relativo al comportamento tenuto con donne degli altri giocatori. Era diventato un punto fermo anche nella Nazionale, ma questo non impedì alla dirigenza bianconera di agire secondo lo “stile Juventus”.
Per la cronaca, fu inserito nello scambio con un giocatore dell’Atalanta: Gaetano Scirea.
Come può vivere l’attesa di un Sabato Santo un appassionato tifoso juventino come me: aspettando, godo.
Migliore in campo: La dirigenza interista.
Ipdà.