Già pubblicato, ma repetita juvant:
Roma, qualche anno fa, più o meno di questi tempi. Io e l’amico P. siamo sulla Metro A, diretti verso Ottaviano. Alla stazione di Lepanto sale a bordo una rom che comincia a chiedere l’elemosina ad altissima voce con la solita cantilena: «So-no-u-na-si-gn-ora-po-ve-ra-da-se-ra-je-vo...». Mentre il treno prende velocità la mendicante alza sempre di più la voce cercando di farsi sentire. Accanto a noi un signore di mezza età, riportino, dignitoso vestituccio ministeriale e borsetta, evidentemente snervato, comincia a gridare roteando gli occhi: «Maledetti zingheri! Ve dovrebbero mannà ai forni ve dovrebbero mannà! Tutti ai forni!...». L’amico P. è ebreo, il prozio e il nonno sono morti ad Auschwitz, inoltre bisogna aggiungere che è anche un pezzo d’uomo che faceva il servizio d’ordine alle manifestazioni. P. scatta verso l’uomo, lo afferra per il bavero e lo tira su di peso dal sedile, sbattendolo ripetutamente contro le porte del vagone. Mentre la gente si allontana prevedendo gli schizzi di sangue e io cerco blandamente di fermarlo P. ruggisce in faccia all’ometto: «Che stavi addì? Eh? Ah stronzo, che stavi addì? Ce lo sai che io c’ho dei parenti che so’morti nei forni? Ripeti che stavi addì stronzo!» L’uomo lo guarda di sotto in su e gli dice con un filo di voce strozzata: «Ma... io stavo addì de li zingheri, mica de li ebbrei...». Le porte si aprono.