La memoria storica e l'ascesa del sentimento anti-tedesco
di Roberto Orsi
Il tragico deterioramento delle finanze greche pubbliche e private nonché le sue inevitabili ricadute sociali e politiche hanno inasprito i toni su tutti i fronti. Numerosi commentatori, alcuni dei quali tanto autorevoli quanto distanti fra loro come Jürgen e Slavoj Habermas Žižek, hanno sottolineato che questa potrebbe essere la fine del progetto europeo, un preludio a nuove rivalità interstatali e, quindi, a possibili guerre.
Analisi sulla situazione economico- politica greca più equilibrate e attente alle sfumature per fortuna non mancano....................
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e sono spesso arricchite da intuizioni di notevole profondità storica. Ma questi contributi non riescono comunque a scalfire la dura pelle del manicheo purtroppo dominante.
Di fatto, non v'è nulla di particolarmente nuovo nella tendenza all'iper-semplificazione, alla trasformazione della politica in slogan e all'impiego di strategie manichee di comunicazione. Lo stesso Habermas ha dedicato alla "trasformazione strutturale della sfera pubblica" uno dei suoi primi lavori ( , 1962), sviluppando idee già articolate
La verità contenuta in queste tesi è assai limitata. L'euro è un'iniziativa multilaterale discussa per molti anni e approvata con il libero consenso dei (democraticamente eletti) governi coinvolti. Secondo alcune ricostruzioni storiche, l'idea di dare vita a una moneta comune europea fu patrocinata dalla Francia allo scopo di contenere e "addomesticare" una Germania riunificata all'interno dell'Unione Europea.
Contrariamente all'idea, molto diffusa, che il grande surplus tedesco sottragga risorse finanziarie all'Euro periferia, le attività commerciali dell'Eurozona risultano essere alquanto bilanciate, mentre la maggior parte del surplus è generata dal commercio esterno a tale area. In larga misura, la popolazione tedesca non sta inoltre traendo particolari vantaggi da questa situazione: nuove forme di povertà si stanno infatti rapidamente diffondendo nel paese.
L'Unione Europea si è pertanto venuta a trovare in una posizione assai scomoda: da un lato è identificata con il (malvagio) progetto dell'euro e, indirettamente, con la leadership tedesca, la sua arroganza e le sue ambizioni neo-imperialistiche. Dall'altro, deve sostenere i propri valori chiave e i propri simboli con il rischio di essere essa stessa etichettata come "organizzazione fascista" - qualcosa a fianco del quale è impossibile schierarsi, come stanno scoprendo numerosi partiti politici.
Assurda come potrebbe apparire a menti più analitiche, questa situazione avvantaggia la polarizzazione dell'opinione pubblica, obiettivo ultimo delle politiche elettorali. Ma tutto ciò avrà un prezzo. L'euro e il progetto dell'UE poggiano su un accordo sempre più fragile fra la Germania e gli altri paesi circa il modo in cui gestire gli stati periferici ormai in bancarotta. A oggi, non è chiaro per quanto tempo ancora questo accordo potrà reggere. Se i costi politici ed economici diverranno troppo alti per Berlino, in presenza di alternative geopolitiche che la crisi sta rendendo paradossalmente più evidenti (come la costituzione di un'Unione limitata al centro Europa e ai paesi baltici) la tentazione di considerare gli attuali accordi come non più validi (e convenienti) potrebbe diventare irresistibile.
Roberto Orsi, Ph.D in Relazioni Internazionali presso la London School of Economics, è membro della Security Studies Unit presso il Policy Alternative Research Institute e Lecturer alla Graduate School of Public Policy dell'Università di Tokyo.
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