" La mercy" Ge-Mi storia banale di un gay speciale cap 29

Da Stanford @stanfordissimo

Non mi meravigliai del fatto che le mie seguenti relazioni, non durassero, sebbene mi sembrava di crederci ogni volta. I grandi palazzi di Milano, mi guardavano passare sui loro marciapiedi, e sembravano prendersi gioco di me, erano lì da decine di anni e guardando le luci delle loro finestre, scorgevo sprazzi di vita familiare, una vita, che mi faceva sentire ancor più solo, nonostante mi fosse chiaro, che la mia solitudine andava di pari passo col l'eccesso di un qualche bisogno.

Certo, la grande città, poteva inghiottirmi in un sol boccone, dando ragione alle peggiori paure di mia madre, che la considerava la capitale del peccato mortale, ma sapeva anche mostrarmi il suo lato buono, per esempio, la quantità di creatività che vedevo mostrata nelle vetrine di Ticinese, mi incoraggiava a crescere nella mia professione, e l'atmosfera nostalgica dei mercatini sul Naviglio Grande, con i suoi oggetti vecchi, mi spingeva a sorridere e a ricordare le tazze in cui mia nonna mi faceva bere il thè caldo, nei pomeriggi invernali.

Anche il fatto di lavorare in una zona ricca della città, orientava la mia mente a raggiungere degli obbiettivi, a sviluppare il senso delle cose belle, a dare corpo ai miei sogni, cosa che Genova non mi aveva fatto nemmeno supporre di poter ottenere. Come non esserne grato?

Compresi anche che il silenzio del mio appartamento, era un privilegio, ma il letto vuoto, quello non era nemmeno lontanamente sopportabile!

Un giorno, la signora Augusta venne in negozio, per farsi i capelli come ogni settimana, ma tardò di circa mezz'ora, entrando affannata si scusò per un quarto d'ora con la mia titolare, e mentre le facevo lo shampoo, cominciò a spiegarmi il motivo di tale defezione, dicendomi:

“Ero già pronta per uscire e nell'atrio del palazzo, sento un miagolìo, mica vero che c'era una gatta siamese sotto la casella della posta. La custode cercava di cacciarla fuori, e ci sarebbe riuscita se solo non ci fossi stata io, dovevi vederla era così buona, che si è lasciata prendere in braccio e ora è in casa, ma non posso tenerla”, fece una pausa durante la quale seppi dire solo se l'acqua non fosse troppo calda.

Io, di animali ne avevo salvati così tanti, quand'ero un ragazzino, andavo sulla pineta dietro casa nostra, e anche con la pioggia portavo ai piccoli gattini, che la madre aveva abbandonato, del cibo e vecchie pezze di lana, che sistemavo di nascosto nelle baracche abusive dei proprietari degli orti, altrettanto illegali, e a sentire di quella creatura mi vennero le lacrime.

La furba signora Augusta comprese la mia propensione verso di lei, e quindi mi chiese se volevo anche solo vederla, e mezz' ora dopo essere uscita con i suoi capelli a caschetto, pettinati a modino, entrò con un traspotino in negozio.

Credevo che avrei scelto se tenerla o no, ma guardando quella micia stringermi gli occhi, mi resi conto che ero in suo potere, che la parola no, non sarebbe uscita dalla gola, e dissi solo sì.

Rimase, dal mattino ,chiusa nel trasportino in una stanza ripostiglio del negozio, immobile e silenziosa, chissà come doveva essere stanca, pensai, e ogni qualvolta potevo andavo a vederla per farle una carezza, uscendo dalla stanza con il cuore sempre più colmo.

Non sporcò e non mangiò niente per cui, finito il lavoro, corsi con il mio fardello peloso, ad acquistare il necessario per lei, e la portai con me a casa. Di lì a poco avrei dovuto cambiare casa, e temevo di traumatizzarla, ma non potei sopportare che il suo destino non fosse unito al mio.

La gioia di tenerla in braccio quella sera, mi spinse alle lacrime, mentre lei recitava il mantra felino delle fusa, i segno dell'avvenuto accordo fra le nostre anime. Il letto era pieno di pelo, ma caldo di un amore incondizionato, che nessun essere umano mi aveva mai dato prima, scelsi di credere che lei fosse la risposta che poteva esaurire la domanda:

chi mi amerà ora? Chi avrà bisogno di me?

Mercy vuol dire misericordia, e quello divenne il suo nome, perchè mi ricordasse di non esserle ingrato nei giorni avvenire.

La sua coda dritta diede senso alla sveglia del mattino, e al ritorno verso casa, la sera. Come vedete non sempre un altro essere umano, può essere ciò di cui abbiamo davvero bisogno, né oggetti, ma può diventarlo un essere vivente che ci impegniamo a proteggere.

Mi chiesi se forse quell'amare senza riserve non fosse proprio ciò che valesse la pena di provare per qualcun'altro che non fossi io!


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