La Metafora viva! Una nuova pagina

Creato il 06 maggio 2010 da Pupidizuccaro

Inauguriamo un nuovo spazio. Non un settimanale di poesie ma una poesia settimanale. Una rubrica, un cantuccio dove il tempo del raccontare sarà spinto da un vento leggero e sicuro, come quello che sostiene le donne di Chagall e il loro sguardo sopra al mondo. Lungi da derive intellettualistiche o cattedratiche, questo ritaglio di pagina è un piccolo vezzo. Il crocevia per una riflessione, un gioco, uno scherzo, una curiosità, un puro svago, un richiamo alla pura condivisione tra lettori. Potrete segnalare le vostre poesie preferite (con riferimenti a traduttori – se straniere – e alla raccolta di appartenenza) accompagnandole con un mini commento firmato (non più di 700 battute, spazi inclusi) al nostro indirizzo di posta elettronica . Non vogliamo che ci mandiate le vostre poesie ma la poesie che avete fatto vostre, tanto da volerle condividere e suggerirne in poche semplici righe i motivi di bellezza agli altri navigatori.

Il titolo della rubrica è un piccolo omaggio a Paul Ricoeur per la maniera in cui l’ermeneuta francese riuscì a valorizzare il legame tra l’attività della lettura e la forza innovativa della metafora, capace di ri-descrivere attraverso il linguaggio poetico una realtà inaccessibile all’esposizione diretta. “Per me il mondo è l’insieme delle referenze spalancate da tutti i diversi testi descrittivi o poetici che ho letto, interpretato e amato”, scrisse Ricoeur.

Il debutto di Metafora viva! lo affidiamo a uno dei maggiori monumenti letterari del ‘900, Jorge Luis Borges. Iniziamo quindi con una delle poesie pubblicate nella sua prima raccolta “Fervore di Buenos Aires” (1923). Il poeta argentino, tra le altre cose, scrisse: “A volte credo che i buoni lettori siano cigni anche più tenebrosi e rari che i buoni autori”. E questo per dire ancora una volta che la ragione di questa rubrica risiede essenzialmente in quel gusto per la lettura per il quale visse lo stesso ‘Georgie’, lettore-poeta¹.

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Semplicità

a Hydée Lange

Si apre il cancello del giardino
con la docilità della pagina
che una frequente devozione interroga
e all’interno gli sguardi
non devono fissarsi negli oggetti
che già stanno interamente nella memoria.
Conosco le abitudini e le anime
e quel dialetto di allusioni
che ogni gruppo umano va ordendo.
Non ho bisogno di parlare
né di mentire privilegi;
bene mi conoscono quelli che mi attorniano,
bene sanno le mie ansie e le mie debolezze.
Ciò è raggiungere il più alto,
quello che forse ci darà il cielo:
non ammirazioni, né vittorie
ma semplicemente essere ammessi
come parte di una Realtà innegabile,
come le pietre e gli alberi.

(traduzione di Domenico Porzio)

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¹La rubrica ideata da Marco Bisanti è già apparsa sul portale di Ateneonline
che, prima ancora d'essere chiuso, ne aveva già eliminato il link relativo.

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