Fa una pena, poverino. «Dobbiamo ringraziare Emma Bonino per aver accettato...». Si è sacrificata, è ovvio. A tener conto dell’analisi che Marco Pannella fa del regime - e come non potrebbe tenerne conto? - sarebbe stato comprensibile se avesse rifiutato. Ve la immaginate, suppongo. Enrico Letta la chiama e le dice: «Sai, Emma, io e il Presidente della Repubblica avremmo pensato a te per gli Esteri...», e quella: «No, no e no, andate a fare in culo tutti e due, io non mi comprometto con la partitocrazia tecnicamente criminale di cui siete i massimi rappresentanti...». No, se ha accettato, è perché è generosa e non ha paura di andarsi a ficcare nella tana dei talebani. Forse anche un po’ ingenua, perché il regime è un tritacarne, ma tant’è, ha deciso di rischiare, auguroni.Resta il fatto che il regime è il regime. Ne volete l’ennesima prova? La Bernardini non ha avuto il sottosegretariato alla Giustizia, né Beltrandi quello alle Comunicazioni... E perché? Perché il regime ha paura dei radicali. Non della Bonino? Non è una radicale, lei? Sì, vabbe’, ma che c’entra? Emma è Emma. Radicale, sì, ma, come dire...Torna poi il pezzo forte: la Bonino alla Farnesina è il risultato della battaglia di Pannella. Pensavate che Letta e Napolitano l’abbiano voluta lì per i suoi meriti o, peggio, per mettere una foglia di fico sulla grande ammucchiata partitocratica? Eravate fuori strada: tanto e tanto Pannella digiunò che nel regime si aprì una crepa, e dentro vi è scivolata Emma. Che adesso, senza nessun altro radicale al governo, è sola, tanto sola. E questa solitudine commuove Pannella. Che le promette di tenerla d’occhio, giusto per evitare che il regime criminale la costringa a fare ciò che una vera radicale non farebbe mai. Andrà così: sarà Pannella a dirci, di volta in volta, se alla Farnesina c’è una vera radicale o una sprovveduta caduta come ostaggio in mano alla partitocrazia.Non trovate che la mucca rumena gli faccia un baffo?
Fa una pena, poverino. «Dobbiamo ringraziare Emma Bonino per aver accettato...». Si è sacrificata, è ovvio. A tener conto dell’analisi che Marco Pannella fa del regime - e come non potrebbe tenerne conto? - sarebbe stato comprensibile se avesse rifiutato. Ve la immaginate, suppongo. Enrico Letta la chiama e le dice: «Sai, Emma, io e il Presidente della Repubblica avremmo pensato a te per gli Esteri...», e quella: «No, no e no, andate a fare in culo tutti e due, io non mi comprometto con la partitocrazia tecnicamente criminale di cui siete i massimi rappresentanti...». No, se ha accettato, è perché è generosa e non ha paura di andarsi a ficcare nella tana dei talebani. Forse anche un po’ ingenua, perché il regime è un tritacarne, ma tant’è, ha deciso di rischiare, auguroni.Resta il fatto che il regime è il regime. Ne volete l’ennesima prova? La Bernardini non ha avuto il sottosegretariato alla Giustizia, né Beltrandi quello alle Comunicazioni... E perché? Perché il regime ha paura dei radicali. Non della Bonino? Non è una radicale, lei? Sì, vabbe’, ma che c’entra? Emma è Emma. Radicale, sì, ma, come dire...Torna poi il pezzo forte: la Bonino alla Farnesina è il risultato della battaglia di Pannella. Pensavate che Letta e Napolitano l’abbiano voluta lì per i suoi meriti o, peggio, per mettere una foglia di fico sulla grande ammucchiata partitocratica? Eravate fuori strada: tanto e tanto Pannella digiunò che nel regime si aprì una crepa, e dentro vi è scivolata Emma. Che adesso, senza nessun altro radicale al governo, è sola, tanto sola. E questa solitudine commuove Pannella. Che le promette di tenerla d’occhio, giusto per evitare che il regime criminale la costringa a fare ciò che una vera radicale non farebbe mai. Andrà così: sarà Pannella a dirci, di volta in volta, se alla Farnesina c’è una vera radicale o una sprovveduta caduta come ostaggio in mano alla partitocrazia.Non trovate che la mucca rumena gli faccia un baffo?
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