Se può sembrare eccessivo dire che i Beatles e i Rolling Stones mi hanno salvato la vita, posso tuttavia affermare che, se non altro, l’hanno ispirata parecchio.Ricordo ancora quel pomeriggio del gennaio 1992: ero a casa malata per qualcosa che sembrava morbillo e, oppressa dalla noia, mi misi a frugare tra le cassette di mio padre. Beccai una raccolta dei Beatles, quella classica rossa ’62-‘66 con loro che si affacciano da un terrazzo. Certo, da piccola avevo visto il librone delle canzoni dei Beatles gironzolare per la casa e avevo sentito spesso mio padre suonare e canticchiare ‘Michelle’. Quel pomeriggio, non appena attaccarono le note, anzi i cori a tre voci di ‘Nowhere Man’, ebbi una sorta di rivelazione, una folgorazione mistica in piena regola. Fu come sentire i cori angelici, accompagnati subito dalla seguente visione: io e altre amiche (ancora da definirsi) che cantavamo in una all-girls band. La mia visione ovviamente ci presentava tutte bellissime e vestite uguali, alla Beatles appunto.
Avevo solo 14 anni ma sapevo che quello era il mio obiettivo, da raggiungere ad ogni costo. Naturalmente obbligai la mia migliore amica Arianna a supportarmi (e sopportarmi) in tale viaggio e, insieme, dopo vari tentativi di formazione, fondammo ‘The Windows’, la prima band di ragazze quindicenni del mio paese e forse dell’intera zona.Eravamo in cinque, nessuna di noi sapeva suonare o cantare ma questi erano dettagli secondari. Del resto, quando una cosa deve essere - deve essere. Senza un soldo, trovammo amici che ci prestarono i soldi per comprare gli strumenti, le paghette furono devolute all’acquisto degli amplificatori, dai salotti di casa passammo a una stanza per le prove di tutto rispetto dataci ‘a gratis’ dal parroco. Quando per la prima volta abbozzammo ‘Let It Be’ con tanto di cori a doppia voce mi sciolsi in lacrime di gioia
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